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libro secondo 59

dute, Nell’anno 568 (Liv. lib. 39) si conosce con sicurezza la Venezia tutta già soggetta a’ Romani, per aver essi impedito ad una truppa di Transalpini passati nel territorio, che fu poi Aquileiese, di edificar quivi. Dalla mossa d’Annibale al detto tempo racconta Livio a disteso e con diligenza quanto di notabile a’ Romani avvenne: non è dunque mai da credere che sfuggito gli fosse un tanto ingrandimento, e l’acquisto di così illustri città; e tanto più, che si trattava anche della patria sua, essendo appunto lui di questa region nativo. Manifesto è però l’indizio che il racconto di questo fatto cadeva nel suo vigesimo libro dal tempo involatoci.

Questo è quanto al tempo; ma quanto al modo, quasi per certo abbiam noi che non per forza d’armi, ma per volontaria dedizione all’Imperio Romano s’incorporassero i Veneti. Primo indizio ci par di trarne dal non vedersi il lor nome ne’ Fasti trionfali; e poichè tanto i marmi ne son mutilati, ancor maggiore, dal non farne menzion alcuna Polibio, il quale nel secondo libro le guerre alla Punica seconda precedute tocca diligentemente. Non avrebbe ancora l’Epitome di Livio trapassata in silenzio cotal conquista, se per guerra fosse avvenuta, come non vi trapassò poco appresso il soggiogamento dell’Istria; poichè le guerre non sogliono dagli Storici anche ne’ compendj trascurarsi. Così Floro di guerra Veneta non fa motto. Ma prova in oltre più certa ne dà il costume inalterabile de’ Romani, che in que’ secoli non portaron mai l’armi contra chi che