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34 | dell’istoria di verona |
Ora egli è forza di far conoscere l’insussistenza di que’ molivi per cui l’error s’introdusse di creder Verona Cenomana. Primo fonte di tanto inganno fu il leggersi in un elegia di Catullo, dopo nominata Brescia, questo distico:
Flavus quam molli percurrit flumine Mello,
Brixia Veronae mater amata meae.
Ma questo distico nel libretto intitolato Dell’antica condizion di Verona fu già mostrato da noi adulterino ed intruso. Grave scandalo è paruto questo a molti: ma e’ si converrà pur loro soffrirlo in pace, perchè le ragioni son troppo manifeste, e fattasi poi diligenza ne’ manoscritti, quali, ne’ venti giorni in cui quel libretto fu steso, non permise il tempo di ricercare, due se ne son già trovati, che que’ due versi non hanno. Convien prima di tutto sgombrar l’orrore che genera in molti il sentir cacciare a brutto onore due interi versi. Questo non dee recar maraviglia alcuna in un poeta che c’è arrivato così lacero e così mal concio, e nel quale alquanti altri interi versi sappiam di certo, e si confessa da tutti, che moderni Eruditi si fecero lecito d’inserire, benchè come di Catullo tuttavia si leggano. Corrotti esemplari di questo poeta nomina Gellio (lib. 7, c. 20 ) fin ne’ tempi antichi. Alcuni de’ componimenti che nelle stampe abbiamo e ne’ codici, sono enigmi ridicoli. L’ultima strofa dell’ode presa da Saffo va affatto fuor di proposito, e niente ha che far col Greco conservatoci da Longino; onde o fu aggiunta