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che delle virtù richieste alla perfetta cortegiana possedeva di fatto gran parte1; ma non è men vero per questo che idealizzando la società urbinate, egli pure intendeva ritrarre dalla realtà e rievocare uomini e tempi il cui ricordo gli empiva l’animo di soave mestizia. La comitiva urbinate fu, in un certo tempo, quale il Castiglione ce la ritrasse, onde non v’ha esagerazione quand egli scrive che "d’ogni sorta uomini piacevoli, e li più eccellenti in ogni facoltà che in Italia si trovassino, vi concorrevano". Due gentildonne eccelse presiedevano a quei ritrovi e vi portavano l’una la perspicace festività e la dialettica fine e suggestiva dell’ingegno femminile squisitamente educato, l’altra la temperanza modesta e severa, la dignità cortese e buona, l’intelligenza soda della matrona provata dalla sventura. Ognuno ravvisa Maria Pia Montefeltro, che de’ ragionari del Cortegiano tiene la direzione, e la duchessa Elisabetta Gonzaga, moglie di Guidobaldo Montefeltro.

Tessendo qui su documenti copiosi2 la storia dei rapporti politici e famigliari che Elisabetta ebbe con la cognata, Isabella di Mantova, noi avremo spesse volte occasione di parlare di Emilia Pia e di molti altri personaggi che nel Cortegiano figurano, e dell’autore medesimo di quel libro prezioso. Ci vedremo passare d’innanzi tempi ed uomini svariatissimi, avvenimenti impreveduti e tremendi,

  1. Lo dissero i cotemporanei, tra cui l’ARIOSTO (Furioso XXXVII, 8), e il Castiglione medesimo lo accenna a voce corsa, in fondo alla dedica del Cortegiano al De Silva, scusandosene con modestia, ma, si direbbe, non senza un certo compiacimento.
  2. Tratti in massima parte, dall’Archivio Gonzaga. Quando non lo siano, o avvertiamo. In questo lavoro purtroppo la ricchezza grande del materiale ci costringerà spesso a riassumere, o ad accennare soltanto, i documenti di minore importanza.