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Gaspara Stampa. 77

Nel quale la misera si rivolge a Dio con una fiducia quasi infantile, che ci fa fremere di commozione.

E quale terzina fu mai più perfetta di questa, che chiude il LVI sonetto, dove l’altezza del concetto si fonde in un appassionato appello, in un cupido desiderio di dissolversi, di bruciare solo in Dio? Sono versi fatti di fiamma:

Nel petto mio, ricetto d’ogni errore,
entra col foco tuo vivo ed ardente,
e, spento ogni altro, accendivi il tuo amore.

Forse alle anime sentimentali piacerebbe più, che ella, tutta assorta in quel suo primo fatale amore, passasse così, ombra dolente, senza provare più altro sentimento umano. Invece dai suoi versi appare che un secondo amore le tenne l’anima occupata un’altra volta, poco tempo dopo l’abbandono crudele di Collaltino. Dobbiamo meravigliarcene? Oltre ad essere un fatto abbastanza comune ed umano, esso è spiegabilissimo, dato il temperamento di Gaspara e il mondo nel quale viveva. La sua fama era negli ultimi anni cresciuta altissima; ella era lodata e ammirata; il suo amore infelice le aveva cinto la fronte di nuova aureola. Aveva amici e adulatori, ognuno dei quali avrebbe voluto essere scelto per consolare l’abbandonata. I più chiari ingegni avevano con lei corrispondenza, come appare da molti suoi sonetti dedicati familiar-