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76 Luigi di San Giusto

Il giudizio mi pare severo. Chi muore a trent’anni non finisce col darsi all’ascetismo! Era in Gaspara un bisogno innato di amare fortemente, di esaltarsi, di patire. Esaurito l’amore, per mancanza di nutrimento, ella cerca affannosa in Dio, sperando di trovare sfogo non pericoloso all’ardore che pur la consumava. Perchè ora diffida dell’amore; è come il naufrago, che, uscito fuor dal pelago, teme l’onda, e non osa avvicinarsi.

Poichè m’hai resa, Amor, la libertade,
mantienmi in questo dolce e lieto stato!

Nei sonetti religiosi l’imitazione petrarchesca è sensibile, pure v’è uno spirito nuovo in essi; un doloroso ardore, un impeto supplichevole di umiltà desolata.

Cancella queste piaghe d’amor vano,
che m’hanno quasi già condotta a morte,
pur rimirando un bel sembiante umano.

Aprimi ornai del regno tuo le porte,
e per salire a lui dammi la mano,
perchè a ciò far non giovano altre scorte.

Parecchi di questi sonetti hanno una chiusa altissimamente poetica, come quello tenerissimo che finisce:

Tu volesti per noi, Signor, morire,
tu ricomprasti tutto il seme umano;
dolce Signor, non mi lasciar perire!