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Gaspara Stampa. 61


O beata e dolcissima novella,
o caro annunzio, che mi promettete
che tosto rivedrò le care e liete
luci e la faccia graziosa e bella;

o mia ventura, o mia propizia stella,
che a tanto ben serbata ancor m’avete,
o fede, o speme, che a me sempre siete
state compagne in dura, aspra procella!

Già ella pregusta nell’ardente fantasia il momento beato:

Con quai degne accoglienze, o quai parole
raccorrò io il mio gradito amante?
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Qual colore or di rose, or di viole
fia il mio? qual core or saldo ed or tremante,
condotta innanzi a quel divin sembiante,
che ardire e tèma insieme dar mi suole?

Oserò io con queste fide braccia
cingergli il caro collo, ed accostare
la mia tremante alla sua viva faccia?

Egli è tornato. L’esultanza della donna innamorata è immensa, e per la prima volta scevra d’ogni goccia di amaro.

Io benedico. Amor, tutti gli affanni,
tutte le ingiurie e tutte le fatiche,
tutte le noie novelle ed antiche,
che m’ai fatto provar tanti e tanti anni.