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quinto cantare 183

62.
Ovunque egli è, d’untumi fa un bagordo,
Ch’ognor la gola gli fa lappe lappe;
Strega1 le botti, di lor sangue ingordo,
E le sustanze2 usurpa delle pappe;
Aggira il beccafico, e pela il tordo,
E a’ poveri cappon ruba le cappe3;
E prega il ciel che faccia che gli agnelli
Quanti le melagrane abbian granelli.
63.
Vedendo quivi comparir repente
L’insolite armi, sbigottisce il ghiotto;
E dal timor ch’egli ha di tanta gente,
Trema da capo a piè, si piscia sotto.
Con tutto ciò digruma allegramente,
E spesso spesso bacia il suo barlotto;
E acciò stremata non gli sia la vita4,
Non dice pur: degnate, o a ber gl’invita.
64.
Ma i cavalier famosi a quel plebeo,
Che non profferì lor della rovella5,
Furon per insegnare il galateo,
Con battergli giù in terra una mascella.
Chi sei? diss’un di loro: e Piaccianteo,
Ch’è un pover uom risponde; e in quella cella
Molt’anni in astinenza ha consumati
Per penitenza de’ suoi gran peccati.

  1. St. 62. Strega. Dicono che le streghe succiano il sangue a’ bambini. (Nota transclusa da pagina 235)
  2. Sustanze. delle pappe son la carne. (Nota transclusa da pagina 235)
  3. Le cappe. Per molti la pelle del cappone è un boccon ghiotto. (Nota transclusa da pagina 235)
  4. St. 63. La vita. Il vitto, il cibo. (Nota transclusa da pagina 235)
  5. St. 64. Della rovella. Un canchero, nulla. (Nota transclusa da pagina 235)