62. Ovunque egli è, d’untumi fa un bagordo,
Ch’ognor la gola gli fa lappe lappe;
Strega1 le botti, di lor sangue ingordo,
E le sustanze2 usurpa delle pappe;
Aggira il beccafico, e pela il tordo,
E a’ poveri cappon ruba le cappe3;
E prega il ciel che faccia che gli agnelli
Quanti le melagrane abbian granelli. 63. Vedendo quivi comparir repente
L’insolite armi, sbigottisce il ghiotto;
E dal timor ch’egli ha di tanta gente,
Trema da capo a piè, si piscia sotto.
Con tutto ciò digruma allegramente,
E spesso spesso bacia il suo barlotto;
E acciò stremata non gli sia la vita4,
Non dice pur: degnate, o a ber gl’invita. 64. Ma i cavalier famosi a quel plebeo,
Che non profferì lor della rovella5,
Furon per insegnare il galateo,
Con battergli giù in terra una mascella.
Chi sei? diss’un di loro: e Piaccianteo,
Ch’è un pover uom risponde; e in quella cella
Molt’anni in astinenza ha consumati
Per penitenza de’ suoi gran peccati.
↑St. 62. Strega. Dicono che le streghe succiano il sangue a’ bambini. (Nota transclusa da pagina 235)
↑Sustanze. delle pappe son la carne. (Nota transclusa da pagina 235)
↑Le cappe. Per molti la pelle del cappone è un boccon ghiotto. (Nota transclusa da pagina 235)
↑St. 63. La vita. Il vitto, il cibo. (Nota transclusa da pagina 235)
↑St. 64. Della rovella. Un canchero, nulla. (Nota transclusa da pagina 235)