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tà della Campania Ercolano e Pompeja, dove lasciò pure la vita il celebre Plinio Naturalista. Tito morì dopo due anni di regno, probabilmente di veleno propinatogli, per quanto si è sospettato, dal fratello Domiziano. Egli venne denominato la delizia del genere umano per le amabili sue qualità. Era uno de’ suoi detti favoriti, che un Sovrano mai non deve congedare nessuno scontento.
La sua epigrafe è IMP. TITVS . CAES. VESPASIAN. ovvero DIVI VESPasiani Filius AVG. P. M. etc. (tav. 4. n.7.)
„S. C. Tito sedente sopra una congerie d’armi. L’anfiteatro. (tav. 4. n. 8)„
Su di questa moneta vedesi il sontuoso Anfiteatro, la cui erezione venne cominciata dal Genitore, terminata, e dedicata dal Figlio. Esiste tutt’oggi in gran parte sotto il nome notissimo di Coliseo, e desso vedrebbesi per anco intero, attesa la grossezza dei massi dell’esteriore recinto, se nelle invasioni de’ Barbari non fosse stato metà demolito, e metà mal concio1. La magnificenza, e il circuito di questo prodigioso edifizio si può congetturare dalla valutazione del solo esterno recinto stimato più di tre milioni di Scudi.
DOMIZIANO.
Altro figlio di Vespasiano, e successore nell’Impero a Tito. Egli era propriamente il rovescio della medaglia di suo Fratello, ch’erasi mostrato tutto benignità, e dolcezza. Il di lui governo presenta scene alternative di barbarie, d’orgoglio, e vigliaccheria. Dopo 15 anni di furiosa tirannia venne trucidato dal suo Liberto Stefano a istigazione de’ congiurati.
- ↑ A torto si attribuirebbe la colpa di sifatte demolizioni ai Pontefici, e agli Architetti degli ultimi secoli, nei quali erano in fiore più che mai le Bell’Arti. I materiali toltine per la costruzione di varj sontuosi edifizj erano già per terra, e non servivano, se non ad ingombrare, e impedire l’accesso, e la vista di un monumento così maestoso. Leggasi, a confutazione di un tanto ingiurioso pregiudizio, quanto scrisse il Marangoni nel suo Anfiteatro Flavio, e si consulti Monsig. Bonari altresì nelle sue note al Vasari, particolarmente alla Vita di Giuliano da Majano Tom. I. Part. II. p. 302.