lui concordi dannâr27. Salve, o Nettuno
ampio-possente: a te gl’istmici ludi
e le corse de’ cocchi e degli atleti 135son sacre l’aspre lotte: e neri tori28
in Trezene, in Geresto29 e in cento grandi
cittá di Grecia ogni anno a l’are tue
cadono innanzi; e ne la dorica Istmo
vittime in folla traggono al tuo tempio 140le allegre turbe. Oh salve, azzurro dio
che la terra circondi, alti-sonante,
gravi-fremente. I boschi su le cime
de le montagne crollansi, e le mura
de le cittadi popolose, e i templi 145ondeggiano perfino, allor che scuoti
tu col tridente flebile la terra,
e gran fracasso s’ode e molto pianto30
per ogni strada. Né mortale ardisce
immoto starsi; ma per téma a tutti 150si sciolgon le ginocchia, e a l’are tue
corre ciascun, t’indrizza preghi, e molte
allor s’offrono a te vittime grate31.
Salve, o gran figlio di Saturno. Il tuo
lucente cocchio è in Ega, nel profondo 155del romoroso pelago32: Vulcano
tel fabbricò, divina opra ammiranda.
Ha le ruote di bronzo, ed il timone
d’argento, e d’oro tutto è ricoperto
l’incorruttibil seggio. Allor che poni 160tu sotto il giogo i tuoi cavalli, e volano
essi pel mare indomito, fendendo
i biancheggianti flutti, e sui lor colli
disperge il vento gli aurei crini, intorno
a te che siedi e il gran tridente rechi 165ne le divine mani, uscite fuori
de le case d’argento a galla tutte
le guanci-belle figlie di Nereo