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24 operette morali


Moda. Io sono la Moda, tua sorella.

Morte. Mia sorella?

Moda. Sì: non ti ricordi che tutte e due siamo nate dalla Caducitá?

Morte. Che m’ho a ricordare io che sono nemica capitale della memoria.

Moda. Ma io me ne ricordo bene; e so che l’una e l’altra tiriamo parimente a disfare e a rimutare di continuo le cose di quaggiú, benché tu vadi a questo effetto per una strada e io per un’altra.

Morte. In caso che tu non parli col tuo pensiero o con persona che tu abbi dentro alla strozza, alza piú la voce e scolpisci meglio le parole; che se mi vai borbottando tra’ denti con quella vocina da ragnatelo, io t’intenderò domani, perché l’udito, se non sai, non mi serve meglio che la vista.

Moda. Benché sia contrario alla costumatezza, e in Francia non si usi di parlare per essere uditi, pure perché siamo sorelle, e tra noi possiamo fare senza troppi rispetti, parlerò come tu vuoi. Dico che la nostra natura e usanza comune è di rinnovare continuamente il mondo, ma tu fino da principio ti gittasti alle persone e al sangue; io mi contento per lo piú delle barbe, dei capelli, degli abiti, delle masserizie, dei palazzi e di cose tali. Ben è vero che io non sono però mancata e non manco di fare parecchi giuochi da paragonare ai tuoi, come verbigrazia sforacchiare quando orecchi, quando labbra e nasi, e stracciarli colle bazzecole che io v’appicco per li fóri; abbruciacchiare le carni degli uomini con istampe roventi che io fo che essi v’improntino per bellezza; sformare le teste dei bambini con fasciature e altri ingegni, mettendo per costume che tutti gli uomini del paese abbiano a portare il capo di una figura, come ho fatto in America e in Asia5; storpiare la gente colle calzature snelle; chiuderle il fiato e fare che gli occhi le scoppino dalla strettura dei bustini; e cento altre cose di questo andare. Anzi generalmente parlando, io persuado e costringo tutti gli uomini gentili a sopportare ogni giorno mille fatiche e mille disagi, e spesso dolori e strazi, e qualcuno a