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DIALOGO

DI ERCOLE E DI ATLANTE

Ercole. Padre Atlante, Giove mi manda, e vuole che io ti saluti da sua parte, e in caso che tu fossi stracco di cotesto peso, che io me lo addossi per qualche ora, come feci non mi ricordo quanti secoli sono, tanto che tu pigli fiato e ti riposi un poco.

Atlante. Ti ringrazio, caro Ercolino, e mi chiamo anche obbligato alla maestá di Giove. Ma il mondo è fatto cosí leggero,2 che questo mantello che porto per custodirmi dalla neve, mi pesa piú; e se non fosse che la volontá di Giove mi sforza di stare qui fermo, e tenere questa pallottola sulla schiena, io me la porrei sotto l’ascella o in tasca, o me l’attaccherei ciondolone a un pelo della barba, e me n’andrei per le mie faccende.

Ercole. Come può stare che sia tanto alleggerita? Mi accorgo bene che ha mutato figura, e che è diventata a uso delle pagnotte, e non è piú tonda, come era al tempo che io studiai la cosmografia per fare quella grandissima navigazione cogli Argonauti: ma con tutto questo non trovo come abbia a pesare meno di prima.

Atlante. Della causa non so. Ma della leggerezza ch’io dico te ne puoi certificare adesso adesso, solo che tu voglia tòrre questa sulla mano per un momento, e provare il peso.