Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/164

CANTICO

DEL GALLO SILVESTRE

Affermano alcuni maestri e scrittori ebrei che tra il cielo e la terra, o vogliamo dire mezzo nell’uno e mezzo nell’altra, vive un certo gallo salvatico; il quale sta in su la terra coi piedi, e tocca colla cresta e col becco il cielo52. Questo gallo gigante, oltre a varie particolaritá che di lui si possono leggere negli autori predetti, ha uso di ragione; o certo, come un pappagallo, è stato ammaestrato, non so da chi, a profferir parole a guisa degli uomini: perocché si è trovato in una cartapecora antica, scritto in lettera ebraica, e in lingua tra caldea, targumica, rabbinica, cabalistica e talmudica, un cantico intitolato Scir detarnegòl bara letzafra, cioè «Cantico mattutino del gallo silvestre»: il quale, non senza fatica grande, né senza interrogare piú d’un rabbino, cabalista, teologo, giurisconsulto e filosofo ebreo, sono venuto a capo d’intendere, e di ridurre in volgare come qui appresso si vede. Non ho potuto per ancora ritrarre se questo cantico si ripeta dal gallo di tempo in tempo, ovvero tutte le mattine; o fosse cantato una volta sola; e chi l’oda cantare, o chi l’abbia udito; e se la detta lingua sia proprio la lingua del gallo, o che il cantico vi fosse recato da qualche altra. Quanto si è al volgarizzamento infrascritto, per farlo piú fedele che si potesse (del che mi sono anche sforzato in ogni altro modo), mi è paruto di usare la prosa piuttosto che il verso, se bene in cosa poetica.