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6 | operette morali |
desideravano (dappoi che egli non li poteva compiacere della
sostanza), e volendo favorire e pascere le coloro immaginazioni,
dalla virtú delle quali principalmente comprendeva essere proceduta
quella tanta beatitudine della loro fanciullezza; fra i
molti espedienti che pose in opera (siccome fu quella del mare),
creato l’eco, lo nascose nelle valli e nelle spelonche, e mise
nelle selve uno strepito sordo e profondo, con un vasto ondeggiamento
delle loro cime. Creò similmente il popolo de’ sogni,
e commise loro che, ingannando sotto piú forme il pensiero
degli uomini, figurassero loro quella pienezza di non intelligibile
felicitá, che egli non vedeva modo a ridurre in atto, e
quelle immagini perplesse e indeterminate, delle quali esso
medesimo, se bene avrebbe voluto farlo, e gli uomini lo
sospiravano ardentemente, non poteva produrre alcun esempio
reale.
Fu per questi provvedimenti di Giove ricreato ed eretto l’animo degli uomini, e rintegrata in ciascuno di loro la grazia e la caritá della vita, non altrimenti che l’opinione, il diletto e lo stupore della bellezza e dell’immensitá delle cose terrene. E durò questo buono stato piú lungamente che il primo, massime per la differenza del tempo introdotta da Giove nei nascimenti, sicché gli animi freddi e stanchi per l’esperienza delle cose, erano confortati vedendo il calore e le speranze dell’etá verde. Ma in progresso di tempo tornata a mancare affatto la novitá, e risorto e riconfermato il tedio e la disistima della vita, si ridussero gli uomini in tale abbattimento, che nacque allora, come si crede, il costume riferito nelle storie come praticato da alcuni popoli antichi che lo serbarono1, che nascendo alcuno, si congregavano i parenti e loro amici a piangerlo; e morendo, era celebrato quel giorno con feste e ragionamenti che si facevano congratulandosi coll’estinto. All’ultimo tutti i mortali si volsero all’empietá; o che paresse loro di non essere ascoltati da Giove, o essendo propria natura delle miserie indurare e corrompere gli animi eziandio piú bennati, e disamorarli dell’onesto e del retto. Perciocché s’ingannano a ogni modo coloro i quali stimano