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avvertimento. 13

volume, si trovano anco questi per la maggior parte nel T. XIII (car. 34-35 = pag. 444, lin. 12 — pag. 446, lin. 5; parte della car. 28t. — pag. 446, lin. 6-14; car. 38 = pag. 446, lin. 15-31; car. 26 = pag. 447); ma ve ne sono sparsi anche nel T. XIV (car. 164b = pag. 443 — pag. 444, lin. 2) e nel XV (car. 4t. = pag. 444, lin. 3-11); tutti sono di mano di Galileo, e i più inediti1: e noi li abbiamo raccolti qui, perchè alcuni fanno espressa menzione delle scritture del Coresio, del Colombe, del Grazia, e dimostrano Galileo incerto se debba o no rispondere, oppure contengono pensieri che ritornano poi nella Risposta; ed altri sono con questi primi intimamente connessi nel manoscritto.

La Risposta ci è stata conservata non solo dall’edizione originale, ma anche da un manoscritto, che occupa quasi per intero (car. 4-164a) il già citato T. XIV. Questo manoscritto ci mette in grado di risolvere con sicurezza il quesito, chi sia l’autore della Risposta. Da principio, infatti, il codice è di mano di Benedetto Castelli; ma F opera del discepolo passò tutta sotto gli occhi del Maestro, che vi introdusse minute correzioni quasi ad ogni linea, ed aggiunte anche di più pagine, o talora sostituì lunghissimi tratti a’ corrispondenti del Castelli: a partire da un certo punto, e precisamente dalla pag. 599, lin. 242, Galileo continuò e compì il lavoro tutto da se3. Anche tenendo conto delle correzioni ed aggiunte di Galileo, il manoscritto offre poi, specialmente in principio, numerose differenze dalla stampa. In tale condizion di cose, come dovevamo noi condurre la nostra edizione? Era nostro dovere riprodurre fedelmente la stampa, come quella che rappresenta l’espressione definitiva del pensiero di Galileo: d’altra parte ci eravamo proposti di sceverare ciò che è dovuto al Castelli da quello che è di Galileo, ponendo in mano al lettore il mezzo di poter dire: Questa parola fu scritta dall’uno, questa dall’altro. Per ottener ciò, abbiamo ricorso alla diversità de’ corpi di carattere: cioè abbiamo ristampato con tutta esattezza il testo dell’edizione originale; ma, riscontrandolo minutamente col codice, ogni parola che in questo è di mano di Galileo, fu composta nel carattere maggiore, riserbato agli scritti suoi, e ogni parola che è di mano del Castelli in un carattere minore4. Se non che due altri casi

  1. I frammenti che abbiamo stampato a pag. 443-444, lin. 2, erano stati già pubblicati da A. Favaro, Alcuni scritti inediti di Galileo Galilei ecc., pag. 202.
  2. Ossia dalle ultime linee della car. 75t. del manoscritto.
  3. Oltre alla mano del Castelli e a quella di Galileo, ne compariscono nel codice qua e là dell’altro. Quel medesimo revisore che, come fu detto, corresse gli Errori del Coresio raccolti dal Castelli, introdusse più di rado delle correzioni ed aggiunte e nelle in quella parte della Risposta che fu scritta prima dal Castelli: e quando importava, lo abbiamo avvertito in note a’ singoli luoghi. Inoltre, sono ancora d’un*altra mano tre luoghi della Risposta a Vincenzio di Grazia: di che vedi le note a pag. 693, 695 (nota 1) e a pag. 700. Da ultimo, una terza mano è quella da cui sono stati scritti alcuni dei brani delle opere degli oppositori, che Galileo cita; evidentemente perchè egli, nel comporre la sua scrittura, lasciava a que’ posti degli spazi bianchi, facendoli poi riempiere da un amanuense: qualche volta infatti lo spazio bianco non fu neanche più riempiuto.
  4. Avviene quindi che qualche volta un passo del Colombe, citato nella Risposta, sia in corpo minore, e la seguente considerazione, nella quale se ne mettono in luce gli errori, in corpo maggiore: il che significa che già il Castelli aveva fermato la sua attenzione su quel passo, ma a tutto ciò che egli aveva scritto Galileo sostituì poi dell’altre osservazioni.