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avvertimento. 11


All’Operetta del Coresio soggiungemmo gli Errori della medesima raccolti da Don Benedetto Castelli, che si trovano autografi nel T. XVI (car. 7-54) della Par. II dei Manoscritti Galileiani, e che prima d’ora erano inediti. Noi li abbiamo dati alla luce a cagione delle correzioni ed aggiunte che Galileo vi fece di suo pugno, e altresì perchè se non fossero sopravvenuti al Coresio quei «nuovi accidenti» a cui accennavamo più sopra, per fermo Galileo non avrebbe tralasciato di pubblicarli. Nello stampare questa scrittura credemmo opportuno di presentarla al lettore quale effettivamente uscì dalla penna del Castelli, e come si può ricostruire trascurando per un momento le cancellature e correzioni dovute non soltanto a Galileo, ma anche ad un terzo, contemporaneo, del quale ci sfuggì il nome, e che spesso ridusse a forma toscana le forme dialettali del Castelli, talora cercò di temperare le violente espressioni di questo contro il Coresio, e qualche volta introdusse modificazioni anche più sostanziali. Il testo, pertanto, della nostra edizione rappresenta la forma definitiva che il Castelli aveva dato all’opera sua1; e diciamo definitiva, perchè non abbiamo tenuto conto per solito dei pentimenti e cancellature che sono senza dubbio del Castelli stesso2: appiè del testo ponemmo le correzioni ed aggiunte di Galileo, nel corpo di carattere che compete alle cose di lui e numerandole progressivamente3; e quando fu necessario per la chiarezza, abbiamo fatto precedere, e talora precedere e seguire, la correzione di Galileo dalle parole del Castelli in mezzo alle quali viene a cadere: quindi, in un carattere minore anche di quello del testo, stampammo le correzioni e rendemmo conto delle soppressioni che nel dettato del Castelli, e, più di rado, nelle aggiunte di Galileo, introdusse il terzo: e da ultimo, se ce ne fu bisogno, registrammo a parte, con un corpo ancora diverso, i materiali errori di penna, le cancellature ecc., che cadono nei tratti scritti di iroprio pugno da Galileo4. In calce poi all’opera

    più che altro ortografiche, correggo alcuni errori di stampa, e, quel che più è notevole, emenda il passo da noi riprodotto a pag. 412, lin. 34-37, che prima era assai guasto. Noi abbiamo seguito l’esemplare coi carticini.

  1. In vista dell’autografo abbiamo conservato alcune forme, come sotigliezza (pag. 252, lin. 5), sottilmente (pag. 256, lin. 18), acorto (pag. 256, lin. 21), asserisse (3a pers. sing. pres. indicativo; pag. 261, lin. 19: e così attribuisse a pag. 273, lin. 37), racolta (pag. 268, lin. 5), cittato (pag. 277, lin. 4), ecc., sebbene il Castelli stesso non sia costante nell’usarle, e quasi sempre siano state corrette dal terzo che rivide l’opera sua. Avvertiamo poi che nel ms. parecchi luoghi, soprattutto di quelli che contengono più fiere censure contro il Coresio, furono sottolineati, probabilmente dal revisore; abbiamo riprodotto questi tratti sottolineati col carattere spazieggiato.
  2. Di qualcuna delle cancellature che attribuimmo al Castelli, quando ci parve notevole per il contenuto, abbiamo fatto cenno in nota speciale; qualche altra volta invece abbiamo addirittura introdotto nel testo le parole cancellate dall’Autore stesso, avvertendo della soppressione appiè di pagina, dove è tenuto conto della revisione dovuta al terzo: e ciò tanto più, in quanto spesso none cosa facile il decidere se una cancellatura sia stata fatta dal Castelli o da altri, e talora solo criterio è la tinta dell’ inchiostro con cui fu tirata la linea che indica la cassatura.
  3. Le ultime due aggiunte di Galileo, come quelle che continuano l’opera del Castelli, le abbiamo collocate di séguito ad essa (pag. 284, lin. 30 — pag. 285, lin. 9).
  4. Così, per es., a pag. 248 le lin. 35-36 rendono conto della revisione dovuta al terzo; e la lin. 37, di una cancellatura che cade in una aggiunta introdotta da Galileo. I medesimi corpi di carattere sono, respettivamente, conservati in tutta l’opera.