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Scriveva di poi nel decorso anno 1844 quanto siegue1. «Passa l’autore (Riccio), con abbondanza di esempli a dimostrare, che le monete fuse non appartenevano al solo Lazio ed Etruria, e cita quelle di Lucera, di Venosa, e di Tiati, tutte città transappennine». (Ora si debbe aggiugnere Bari, avendosi da un collettore in Puglia, che non ama di esser nominato, un asse di circa 11 once, con sopra la prora un amorino che scocca il dardo, come le consuete monete de’ Barini con leggenda greca; e le gettate di Ascoli con lettera A, e fulmine, già dallo stesso autore pubblicate). «E per verità ci sembra, che di questa numismatica fusa transappennina, nessuno più faccia dubbio, dopo le tante dimostrazioni recatene 2».

La differenza poi de’ simboli e rappresentanze sorge chiara dalla stessa dimostrazione e dettaglio fattone da’ lodati scrittori. Dunque i monumenti, e la scienza dimostrano che furon due popoli differenti.

Fuvvi epoca in cui fu ritenuto, che le città italiche transappennine fossero erette o civilizzate ed aggrandite da’ coloni latini od etruschi. Ma dopo essersi rimarcato, che gli usi, la lingua, la religione, e la monetazione fu in tutto differente, nel silenzio della storia, su tali peculiari trasmigrazioni, siffatta opinione fu rejetta, e ritenuta invece la più ragionevole all’ appoggio de’ propri monumenti sfuggiti alla mano del tempo distruttore; che popoli aborigini, abitatori di queste contrade edificaron Lucera, vivendo più tempo con proprie leggi e sistemi; e che al sopravvenire delle greche colonie, da essi reputate dappria avverse conquistatrici, si grecizzarono poscia, imparentando cogli Elleni, e facendo leghe e trattati di amicizia, divenendo così semigreci, finchè il potere colossale di Roma ridusse tutte alla condizione di soggette 3.

  1. Bullettino archeologico napoletano anno 3. n° 2. p. 15. sui nummi di Famiglie romane ed aes grave del Giudice Gennaro Riccio, seconda edizione.
  2. Veggasi quanto il detto autore ne scrisse nel publicare gli assi gettati di Venosa. Bullettino napoletano anno II. pag. 34 e 35.
  3. Anche prima che i Romani fecero Lucera loro preda, e poscia, che ancora risentiva dell’antico splendore, la veggiamo fortificata divenire pomo di discordia co’ Sanniti, ai quali venne tolta da’ consoli Papirio e Poblicio (Liv. lib. 9. c. 16). Sede de ’consoli nella guerra di Annibale, ed una dalle 19 colonie mantenutesi fedeli a Roma, dopo la famosa strage di Canne, che restò all’africano aperta la via di Roma, percui ne venne ringraziata dal Senato (Ivi lib. 27. c.12). Resistè alle iterate seduzioni de’ Numidi. Fu piazza d’armi di Pompeo contro Cesare, comandandovi le armate Scipione (Polib. lib. 3.). E fino al giugnere de’ barbari che posero l’Italia a ferro e fuoco, Lucera fu una delle principali e rinomate città italiana per ogni riguardo. Facciamo voti che le poche cose in questa dissertazione menzionate sieno d’eccitamento ai dotti Lucerini, onde tessere una completa storia patria, finora mancante, trovando fondamento splendidissimo nell’alta sua origine, e famose gesta non periture.