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capitolo ventesimosecondo. 553

venne della mia opera che corre pericolo di rimanere imperfetta. Or dunque l’affido a te; e voglio che tu mi prometta di stamparla in quaranta fascicoli, nell’egual carta e formato del primo!... —

— Te lo prometto, — risposi quasi con un singhiozzo.

— Ti raccomando la correzione; — mormorò il morente — e... se giudicassi opportuno.... qualche cambiamento.... —

Non potè continuare, e morì guardandomi fiso, e raccomandandomi di bel nuovo coll’ultima occhiata quell’unico frutto della sua vita. Io m’adoperai perchè gli fossero resi onori funebri convenienti al suo merito; e raccolsi in casa mia la signora Clara, che afflitta più che mai dalla sua paralisi, era quasi impotente a muoversi da sola. Ma assai breve ci durò il contento di prestarle le cure più assidue ed affettuose che si potessero. Spirò anch’ella il giorno della Madonna d’agosto, ringraziando la Madre di Dio che la chiamava a sè nella festa della sua assunzione al cielo, e benedicendo Iddio perchè i voti ch’ella avea pronunciati cinquant’anni prima per la salute della Repubblica di Venezia, e che le aveano costato tanti sacrifizi, avessero ricevuto un bel premio sul tramonto della sua vita. Io pensai allora a Lucilio, e forse vi pensava anch’ella con un sorriso di speranza; perchè assai confidava nelle proprie preghiere, e più a mille doppi nella clemenza di Dio.

Ai ventidue d’agosto fu firmata la capitolazione. Venezia si ritrasse ultima dal campo delle battaglie italiane, e come disse Dante: «A guisa di leon quando si posa.» Ma un ultimo dolore mi rimaneva; quello di vedere il nome di Enrico Cisterna sulla lista dei proscritti. Luciano ch’io aveva lungamente aspettato durante quei due anni, s’era dimenticato affatto di noi: di Giulio aveva ricevuto una lettera da Roma nel luglio decorso, ma i disastri succes-