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Capellam et omnes fortitias Pergami et virtutis Pergami bona fide et sine fraude. Nec ero in consilio vel facto ut civitas Pergami nec homines civitatis vel virtutis Pergami nec predicte fortitie capiantur, tradantur, comburantur nec in alterius virtute dentur vel sint, et bona fide prohibebo ne fiat1. Queste considerazioni rendono tanto più necessario di stabilire la natura del nostro Atto e di determinare appunto, per quanto è possibile in tanta deficienza di documenti e di necessari confronti, l’epoca alla quale esso deve essere assegnato.

Quanto a me non mi perito di tenerlo per una formola di quel Iuramentum sequimenti, che il popolo era obbligato a prestare al nuovo Podestà quando entrava in carica. Questo giuramento però non era da noi prestato, come a Brescia, nella pubblica concione del popolo2, ma sibbene lo era dai Consoli e dai Capi famiglia delle singole Vicinanze in ciascuna Vicinia, onde sotto un certo aspetto e di fatto si può, come volle l’Agliardi, intitolarlo il Giuramento delle Vicinie. Già vedemmo più sopra (p. 163), che anche in un’epoca più tarda qui un tale giuramento era dato in identiche condizioni, e che così fosse la cosa anche in epoca più remota, oltre al nostro Atto, me ne accertano anche gli Statuti di Bologna del 1250, dove nel sacramentum Potestatis leggiamo: Eligam iuratores per contratas qui faciant iurare sequimentutn meum per homines de mea curia3. Questi giuramenti contenevano, al pari del nostro, una serie di

  1. H. P. M. XVI, 2, 2062 seg.
  2. Stat. Brix. in H. P. M. XVI, 2, 1584 (166).
  3. Stat. Bon. 1 § 1.