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il violetto, il rosso, il bleau oscuro o chiaro, il giallo, il rossastro, ed il bianco (Ibid.)

La bellezza e varietà dei colori, non provenivano solamente dalla diversità delle conchiglie, ma altresì dal loro apparecchio, e dal loro mischiamento. Per ottenere la porpora rossa oscura, inzuppavano la lana nel liquore della purpura, e poi ch’era pettinata, in quello del buccinum. Per ottenere il violetto, usavano il processo contrario. Era anche una manipolazione per determinare il grado di cottura del colore.

I Fenici possedevano ancora l’arte di dare al colore un cotal lustro cangiante che facevagli riflettere differenti gradazioni, e che sembra avere avuto per essi molta attrattiva (Heeren, Pensieri sulla politica e sul commercio degli antichi, compendiati da C. Cantù. Documenti alla Storia universale, lib. II).

Ora, se purpureo vuol dire colore lucido moltiforme, o cangiante, vediamo di tratto perchè Virgilio in fine del libro IV delle Georgiche, cantò che l’Eridano mette foce in mare purpureum. Perchè pretendere che qui sia un errore geografico, confondendosi l’Adriatico col mar Rosso? Virgilio, nato a Mantova, non doveva ignorare il coreo del Po. Perchè pretendere vi sia un seicentismo, che sarebbe assurdo nel bello stile del maestro di Dante? Purpureo mare, vuol dire, mare che cangia colore ad ogni agitarsi dei flutti e dei venti, per cui non troviamo colore che dai poeti non sia stato veduto nel mare.