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Io, modestamente soggiunge, quando annuncia qualche cosa di rilievo minore, per privato suo conto.

Saggiamente previene colla sua giustificazione la domanda che può fargli il lettore italiano: Perchè detti il Tesoro in lingua francese? Due sono le cagioni, egli risponde: La prima è, perchè siamo in Francia... E qui sospirando sottace un volume di autobiografia. La seconda è, perchè la lingua francese è più dilettevole, e più comune di tutte le altre. E qui sottace: Impara, o Italia, meglio coltivando la tua letteratura, il tuo commercio e la tua politica, a rendere del pari, e più, dilettevole e comune la nuova tua lingua. L’Allighieri, il Petrarca, il Boccaccio, adempirono gloriosamente questo voto del maestro Latini. Quante volte il grande Allighieri, nel suo abituale silenzio avrà meditato sopra queste sentenziose parole!1 Erano il testamento del caro e buono suo padre.



  1. Martino da Canale, contemporaneo di Brunetto, protestò di avere scritto in lingua francese la storia di Venezia «porce que lengue francese cort parmi le monde, et est plus delitable à lire et à dire que nul autre» (Hist. letter. de la France, tom. XXIV pag. 463, e XXIV, pag. 545). Che più? Dante nel libro I. cap. 10. De vulgari eloquio, paragonando i pregi dei tre volgari, d’oil, d’oc, e del , ripete la frase del suo maestro «Allegat ergo pro se lingua oil, quod propter sui faciliorem ac delectabiliorem'vulgaritatem, quidquid redactum sive inventum est, ad vulgare prosaicum suum est.»
    Brunetto anche nel Tesoretto promette di scrivere il gran Tesoro in lingua francese:

         Di tutte quattro queste.
    Lo puro sanza veste
         Dirò in questo libretto:
    Dell’altre non prometto