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nei primi secoli del comune 5

le ore, perchè nessun giorno e nessuna ora passano senza lacrime umane, ed è lei che le raccoglie o le dona; nè senza bisogno di conforti alle battaglie della vita, e dal sorriso di lei ci vengono i più efficaci. Rintracciare tale storia è invero malagevole; ma non più di altre ricerche morali e psicologiche intorno alle umane vicende. E se non le mancano pagine nel mondo antico, dove l’individuo era sì gagliardamente assorbito nella pubblica cosa; se in ciò che di benefico ebbe, contro quella tirannide dello Stato, la violenza barbarica, uno dei simboli della individuale libertà e della umana coscienza rivendicata è appunto la donna; sarebbe illogico, che la storia di lei, nel senso e contenuto suoi veri, scarseggiasse in secoli di civiltà e libertà cristiane, e a noi tanto più vicini e di tanto più agevole investigamento; per modo che dovessimo limitarla alla genealogia delle case feudali o principesche o magnatizie, che sarebbe quasi un abolirla del tutto dai gloriosi annali delle nostre repubbliche. Ben altramente hanno pensato della storia femminile menti elette o sovrane. Il Tommaseo4 scrisse, che «se prendessimo a considerare la donna quale ce la dipingono via via tutti i poeti gli storici i moralisti, de’ varii luoghi e de’ tempi, troveremmo in lei quasi l’ideale del secolo»: nè egli era facile adulatore di nessuna potenza. Il Guasti5, raccogliendo le lettere d’una madre fiorentina del Quattrocento, spera aver provato con quelle, che nelle lettere delle donne sia riposta la storia più intima di un popolo». E il più grande Poeta dell’evo moderno questa idealità della donna, immanente nella storia, raccolse in una vigorosa astrazione chiamandola «l’eterno Femmineo»; i cui splendori un Poeta nostro6 ha salutati sopr’una fronte regale, che ha corona invidiabile nell’amore unanime del popolo suo.