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La Sicilia nella Divina Commedia 25

quella parte di essa che caliga tra Pachino e Peloro, non possiamo a meno di ammirare, non solo la precisione, ma anche la grandiosità della scena dantesca, nella quale l’isola è denotata dal suo superbo vulcano, che sparge la sua caligine sopra il golfo sottostante, quel golfo sul quale di sovente Euro imperversa. Il voler togliere a questa spiaggia il golfo oscurato dai fumi dell’Etna, per estenderlo da Creta all’Italia, è un contraddire all’idea stessa del poeta, è un’amplificazione inopportuna che scema ogni bellezza e naturalezza alla dipintura.

In una sola cosa siamo però concordi noi tutti tormentatori spesse volte indiscreti del divino Alighieri, nel riconoscere cioè l’intùito mirabile del suo intelletto per le verità scientifiche, che a quei tempi erano ancora involte e inceppate nelle tradizioni del metodo e nelle superstizioni della scuola e della società. Fa meraviglia infatti il vedere in un poema, nel quale gli echi del mito antico e il simbolismo e il misticismo del mondo medievale han tanta parte, sfatate le credenze più comuni, anche se fonti per l’artista di motivi poetici, e ad esse sostituita la nuda realtà, il fatto stesso, il fenomeno sgombro di quanto la fantasia vi aveva ricamato dattorno. Il che è veramente nella recisa affermazione del motivo pel quale la Trinacria caliga: non è più il Tifeo della favola, che sepolto sotto l’Etna è causa del vulcanismo, ma questo per Dante dipende dalla natura sulfurea di quel terreno (Par. VIII, 67-70),

«non per Tifeo, ma per nascente solfo».

Ora chiediamo noi, dal tempo in cui fu emessa questa ipotesi sino ai nostri giorni, nei quali le scienze sono giunte a tanta altezza di procedimenti, qual passo innanzi ha fatto la vulcanologia?1.

Un’ultima osservazione: il Can. Castorina2 presenta l’ipotesi che Dante abbia concepite le bolgie del suo Inferno dai terribili



  1. Vedi Longo Agatino, Delle accensioni vulcaniche e della ipotesi del calore centrale della terra, Catania, Galàtola, 1862 ed A. Issel, Saggio di una teoria dei vulcani (in N. Antol., genn. 1875, vol. XXVIII, pag. 58).
  2. Catania e D. A., p. 8 e note 40 e 43.