Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
214 | CANTO |
XXXV.
Qui il Mirandola tacque; e ’l Concistoro
Tutto levossi a gridar: Pace, pace.
E pace sia (rispose a un tempo loro
284Il discreto Pastor) s’ella vi piace.
Per me non fia che di sì bel tesoro
Questa vostra città resti incapace:
Nè i Tedeschi, cred’io, l’impediranno;
288Ch’omai confusi e malcondotti stanno.
XXXVI.
E ’l Papa contra lor mosse in battaglia,
Non contra voi, la gente perugina:
Se non era con voi questa canaglia,
292Egli impedita avria tanta ruina.
Or ha segnata Dio giusta la taglia,
E versata ha sul mal la medicina.
Siate voi più devoti e men bizzarri,
296E camminate per la via de’ carri.
XXXVII.
Col fin delle parole in piè levato,
Uscì dov’eran dame e cavalieri:
Poi fe’ chiamare i primi del Senato,
300E consultò con loro i suoi pensieri.
In Modana due dì stette il Legato
Fra giostre e feste e musiche e piaceri:
Il terzo se n’andò verso Bologna,
304Per dar l’ultimo unguento a tanta rogna.
XXXVIII.
Gli donò la città trenta rotelle,
E una cassa di maschere bellissime,
E due some di pere garavelle,
308E cinquanta spongate perfettissime,
E cento salcicciotti, e due cupelle
Di mostarda di Carpi isquisitissime,
E due ciarabottane10 d’arcipresso,
312E trenta libbre di tartufi appresso.