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UNDECIMO | 199 |
XXXIX.
Ma Titta poi che l’avversario vede
Per morto riportar nelle sue tende,
Passeggia il campo a suon di trombe, e riede
316Dove la parte sua lieta l’attende:
Fastoso è sì, che di valor non cede
A Marte stesso; e dell’arcion discende,
E scrive pria che disarmar la chioma,
320E spedisce un corriero in fretta a Roma.
XL.
Scrive ch’un cavalier d’alto valore
Di quelle parti, uom tanto principale,
Che forse non ve n’era altro maggiore,
324Nè ch’a lui fosse di possanza eguale,
Avuto avea di provocarlo core,
E di prender con lui pugna mortale;
E ch’esso degli eserciti in cospetto
328Gli avea passato al primo incontro il petto.
XLI.
Spedì il corriero a Gasparo Salviani
Decan dell’accademia de’ Mancini,
Che ne desse l’avviso ai Frangipani
332Signor di Nemi, e ai loro amici Ursini,
E al cavalier del Pozzo, e ai due romani
Famosi ingegni, il Cesi e ’l Cesarini;7
Ma sopra tutti al principe Borghese,8
336E a Simon Tassi di Pavul marchese.
XLII.
Che tutti disser poi, ch’egli era matto,
Quando s’intese ciò ch’era seguito.
Intanto avean spogliato il Conte, affatto
340Dal terror della morte instupidito:
E gían cercando due chirurghi a un tratto
Il colpo onde dicea d’esser ferito;
Nè ritrovando mai rotta la pelle,
344Ricominciar le risa e le novelle.