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176 CANTO


XXIII.


Moro, can, senza legge e senza fede,
     T’insegnerò, con queste tue contese,
     Come si tratta meco e si procede,
     188E ti farò tornare in tuo paese.
     Quel s’inginocchia, e bacia il divin piede;
     Chiede perdon dell’impensate offese,
     E fa partendo in Affrica passaggio.
     192Segue la navicella il suo viaggio.

XXIV.


Le donne di Nettun4 vede sul lito
     In gonna rossa, e col turbante in testa.
     Rade il porto d’Astura ove tradito
     196Fu Corradin nella sua fuga mesta.
     Or l’esempio crudele ha Dio punito;
     Che la terra distrutta e inculta resta.
     Quindi Montecircello orrido appare
     200Col capo in cielo, e colle piante in mare.

XXV.


S’avanza, e rimaner quinci in disparte
     Vede Ponzia diserta e Palmarola
     Che furon già della città di Marte
     204Prigioni illustri in parte occulta e sola.
     Varie torri sul lido erano sparte:
     La vaga prora le trascorre, e vola;
     E passa Terracina, e di lontano
     208Vede Gaeta alla sinistra mano.

XXVI.


Lascia Gaeta, e su per l’onda corre
     Tanto, ch’arriva a Procida, e la rade:
     Indi giugne a Pozzuolo, e via trascorre;
     212Pozzuolo che di zolfo ha le contrade.
     Quindi s’andava in Nisida a raccorre,
     E a Napoli scopria l’alta beltade:
     Onde dal porto suo parea inchinare
     216La Regina del mar, la Dea del mare.