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132 | CANTO |
XI.
Dell’orribile pugna il gran successo
Sparse intorno la fama in un momento;
Onde ne giunse a Federico il messo,
92Che sospirò del figlio il duro evento.
Scrisse agli amici; e maledì se stesso,
Che fosse stato a quell’impresa lento:
Ma sopra tutti scrisse ad Ezzelino
96Che di Padova allor tenea il domino.
XII.
Ezzelin come udì che prigioniero
Del suo signore era il figliuolo, in fretta
Armò le sue milizie, e fe’ pensiero
100Di farne memorabile vendetta.
Avea allor seco un principe straniero,
Cui per fresco retaggio era suggetta
La nobil signoria della Morea,
104E a cui sposata una nipote avea.
XIII.
In tutto l’Oríente uom di più core
Di lui non era, o di miglior consiglio.
Fu detto Eurimedonte: e ’l suo valore
108Fea tremar dall’Eussino al mar Vermiglio.
Or a questi Ezzelin diede l’onore
Di liberar di Federico il figlio:
E con più ardor, quand’egli udì, si mosse,
112Ch’era infreddato, e ch’egli avea la tosse.
XIV.
Dieci schiere ordinò, ciascuna d’esse
Di dugento cavalli, e mille fanti;
E ghibellini i capitani elesse,
116Perchè fosser più fidi e più costanti.
Musa, tu che migliacci e caldallesse
Vendesti lor, dettami i nomi e i vanti
Che fer dal piano agli ultimi arconcelli
120L’alta torre tremar degli Asinelli.2