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OTTAVO 131


VII.


Come pere cadean le genti morte
     Sotto il furor delle sanguigne spade.
     Vede il conte Romeo, ch’ad una sorte
     60Pedoni e cavalier sgombran le strade;
     Onde il nipote suo Ricciardo il forte
     Chiamando, corre ove la gente cade:
     Ma l’impeto lo sbalza, e prigioniero
     64Porta seco Ricciardo in sul destriero.

VIII.


Come suol nube di vapori ardenti
     Far ne’ campi talor strage e fracassi;
     Vomitando dal sen fulmini e venti,
     68E portar seco svelti arbori e sassi;
     Così porta il furor di que’ possenti
     Seco ogn’incontro, ovunque volge i passi.
     Così, secondo i greci ciurmatori,1
     72Porta l’ottavo ciel gli altri minori.

IX.


Giunto al Potta frattanto era l’avviso,
     E Gherardo sul ponte avea mandato:
     Ma fu l’arrivo lor tant’improvviso,
     76Che ’l ritrovaro ancor chiuso e sbarrato.
     Quivi a Roldano fu il destriero ucciso,
     E rimanea da tutti abbandonato,
     Se non si ritraean fuora del ponte
     80I due guerrier che combatteano in fronte.

X.


L’uno di qua, l’altro di là si mosse,
     Dove incalzar vedea l’ultima schiera;
     E l’impeto in se tolse e le percosse,
     84Finchè tutti spuntar sulla riviera.
     Gherardo intanto al giugner suo rimosse
     Le sbarre che piantate avea la sera,
     E i suoi raccolse, e lasciò quei dal Sipa
     88Con un palmo di naso all’altra ripa.