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SETTIMO | 121 |
XLIII.
Così disse; e chiamando Iride bella,
Ch’al sole avea l’umida chioma stesa:
Vola, le impone, o mia diletta ancella,
348E di’ a Marte, che ceda alla contesa
Finch’arrivi Gherardo e sua sorella
A cui si dee l’onor di questa impresa.
Iride non risponde, e i venti fende,
352E giù dal ciel nella battaglia scende.
XLIV.
Vede Marte da lunge, e drizza l’ale
Dov’ei combatte, e l’ambasciata esprime:
Indi si parte, e fuor della mortale
356Feccia ritorna al puro aer sublime.
Marte che scorge la tenzone eguale,
Ritira il piè dali’ordinanze prime.
E nella retroguardia intanto passa,
360E ’l Potta incontro ai Romagnuoli lassa.
XLV.
Il Potta avea assaliti i Faentini,
E fracassata la lor gente equestre,
Che gli scudi dipinti e gli elmi fini
364Non ressero al colpir delle balestre.
Giacoccio Naldi, e Pier de’ Fantolini
Rimasero feriti e alla pedestre:
E a Mengo Foschi e al cavalier Giulita
368Il Potta di sua man tolse la vita.
XLVI.14
Ma poi che Marte il suo favor ritenne,
E tornò di quadrato indietro il passo;
E che Perinto15 in quella parte venne,
372Guidato dal furor di Satanasso;
Il modanese stuol più non sostenne
L’impeto ostil, dal faticar già lasso;
E rallentate l’ordinanze e l’ire,
376Cominciò a ritirarsi, indi a fuggire.