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SETTIMO 115


XIX.


Voluce intanto si risente, e gira
     Il guardo, e vede il Principe lontano.
     Tosto dietro gli sprona: e poi che mira
     156Chiusa la strada, e che s’affanna invano;
     Urta, fremendo di disdegno e d’ira,
     Tra i Ferraresi anch’ei col brando in mano,
     E fa volare al ciel membra tagliate,
     160E piastre rotte, e pezze insanguinate.

XX.


Tagliò una spalla a Tebaldel Romeo,
     E a Bonaguida Fiaschi un braccio netto;
     La gamba manca a Niccolin Bonleo
     164Troncò dove finía lo stivaletto;
     E mastro Daniel di Bendideo,
     Pieno d’astrologia la lingua e ’l petto,
     Uccise d’una punta, ond’ei s’avvide
     168Che del presumer nostro il ciel si ride.

XXI.


Voluce fe’ quel dì prove mirande,
     E uccise di sua man trenta marchesi:
     Perocchè i marchesati in quelle bande
     172Si vendevano allor pochi tornesi;4
     Anzi vi fu chi, per mostrarsi grande,
     Si fe’ investir d’incogniti paesi
     Da un tal signor che, per cavarne frutto,
     176I titoli vendea per un presciutto.5

XXII.


Come nube di storni, a cui la caccia
     Lo sparvier6 dava dianzi o lo smeriglio,
     Se l’audace terzuol per lunga traccia
     180Le sovraggiugne col falcato artiglio,
     Raddoppia il volo, e quinci e quindi spaccia
     Le campagne del ciel, volta in scompiglio;
     Or s’infolta, or s’allarga, or si distende
     184In lunga riga, e i venti e l’aria fende: