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114 CANTO


XV.


Salinguerra ch’i suoi vede fuggire
     Dal nemico valor che gli sbaraglia,
     Ferma la spada in atto di ferire,
     124E dice al Conte: Tua bontà mi vaglia
     Sì, che la gente mia possa seguire
     Tanto, ch’io la rivolga alla battaglia;
     Che s’io resto qui sol cinto da’ tuoi,
     128Nè tu meco pugnar con laude puoi.

XVI.


Voluce rispondea: Signor marchese,
     È morto Orlando, e non è più quel tempo:2
     Ma per non vi parer poco cortese,
     132Se volete fuggir, voi siete a tempo.
     Seguite pur, ch’io non farò contese,
     La gente vostra, e non perdete il tempo,
     Perchè mi par che corra come un vento:
     136Ma vo’ venir anch’io per complimento.

XVII.


Oh questo no, rispose Salinguerra;
     Io non partirò mai s’ella non resta.
     E in questo dire, un colpo gli disserra
     140A mezza lama al sommo della testa.
     Perdè le staffe, e quasi andò per terra
     Il Conte a quella nespola brumesta;3
     Strinse le ciglia, e vide a un punto mille
     144Lampade accese, e folgori e faville.

XVIII.


Allora Salinguerra il tempo piglia,
     Sprona il cavallo, e si dilegua ratto;
     E là dove Manfredi i suoi scompiglia,
     148D’ira avvampando e di furor, s’è tratto:
     Grida, rampogna, e or questo e or quel ripiglia;
     Mena la spada a cerco, e a chi di piatto,
     A chi coglie di taglio, a chi minaccia;
     152E non può far ch’alcun volga la faccia.