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SESTO | 95 |
XV.
Torto il mira Roldano, e sol col guardo
Gli fa tremar le fibre e le midolle:
Indi spronando un corridor leardo2
124Che ’l pregio al vento e alla saetta tolle,
Drizza la lancia al giovine Averardo
Che di sangue nemico ei vede molle;
E ferito nel braccio e nell’ascella,
128Il trasporta sui fior giù della sella.
XVI.
Ma il Dini gli sospinge incontro i sui,
E grida loro: Ah pinchelloni, e dove
Vi rinculate voi da cotestui
132Che fuor degli altri a battagliar si move?
Spignete innanzi: a che badate vui?
Testè con alte immaginate prove
Affettavate quíe com’un popone
136Il mondo: ora v’addiaccia il sollione?
XVII.
Sprona, così dicendo, ove più stretto
Vede lo stuol che conducea Roldano.
E’, d’un colpo di stocco a mezzo il petto,
140Tolta l’indegna vita a Barisano.
Al Teggia che ’l feriva in sull’elmetto
Con una mazzaranga3 ch’avea in mano,
Credendolo schiacciar come un ranocchio,
144D’un rovescio levò l’uno e l’altr’occhio.
XVIII.
Così quivi si pugna e si contende.
Ma dalla parte verso ’l mezzogiorno
Il re con più fervor gli animi accende,
148E spigne i suoi contra ’l sinistro corno.
Ei, qual cometa minacciosa, splende,
D’oro e di piume alteramente adorno:
Cinto è de’ suoi germani; e lor rivolto
152Parla in barbaro suon con fiero volto: