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in vano cercherei forse in altri comenti, e che leggo poi scritte da Pietro (ciò che maggiormente mi piace) col giudizio liberissimo in tutto dell’età sua.

Certo questo Pietro fu uomo non mezzanamente erudito di quante opere di scrittori sacri e profani si conoscevano a’ tempi suoi: anzi ebbe pure alcun fiore di buona dottrina, benchè scrivesse si barbaramente latino. Dirò di più, che assai buon ufficio reputo ch’abbia cercato rendere alla memoria del padre. Con tutto ciò, s’ho a dirvi il vero, non credo che già molti segreti intorno al poema gli fossero da lui rivelati. Difatti se Dante avesse ammaestrato egli stesso il figliuolo intorno a tante cose, che ancora nella commedia ci sono così malagevoli ad intendere, noi vedremmo Pietro procedere molto più franco nelle sue interpretazioni: ben poetiche incertezze mostrerebbe su’ veri avvisi ch’ebbe qua e là il poeta scrivendo: ed inoltre non sarebbe certissimamente caduto in alquanti errori. Il che sia detto a solo fine di non attribuirgli in tutto un’autorità maggiore di quella che forse, o io m’inganno, non dee meritare. Del resto nè pur vorrei sognando accostarmi all’opinione del canonico Dionisi, che negò esser Pietro colui che scrisse il comento: perchè ogni dubbio sull’autenticità dell’opera del figliuolo di Dante parmi essere stato omai risoluto dalla non men grave che dotta confutazione che voi, nelle dottrine dantesche così solenne, avete fatto d’ogni difficoltà proposta da quel benemerito letterato.

Sia lode a lord Vernon d’avere affidato ad un pratichissimo, qual è il professore Nannucci, il riscontro de’ codici e la stampa del libro: perchè difficilmente un altro, che non avesse avuto quella pe-