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pensavano gli uomini e parlavano arditamente di cose tenute in pria sacre come la fede istessa. Nascean così le idee, che Dante tuonò di tal forza; e a fatica si faceano strada tra le inerti masse, dove allignarono infine, e amari frutti portarono alla corte di Roma.

Ma queste opinioni ristrette a pochi, se urtavano talvolta la sua possanza, non la menomavano per anco nel tempo ond’io scrivo. Mentre le ambizioni de’ chierici passavano ogni misura, mentre cupidigia, e simonia, e libidine lussureggiavano nella vigna del Signore, tremavan del clero i popoli, e il successor di Pietro stendea la mano su i reami e su i re. Che se tal fiata prevalse la brutal forza sulla morale, la prepotente opinione fece risorger tosto più gagliardo il pontefice. Sì il veggiamo oltremonti levare a sua posta il vessillo de’ re o de’ popoli, ed accender guerre, e cessarle, e trar tesori, e dove moderare le dominazioni, dove dare o strappar corone: quanto più lontano, più venerando e terribile. In Italia intanto, trasportato dai turbini delle contese civili, più fiero pugnava coll’oro di cristianità tutta; e chiamava straniere nazioni, e opponea l’una all’altra; t’innalzava oggi, diman ti spegnea.

Avvegnachè il bel paese già si disputava acerbamente tra la Chiesa e l’impero. Dietro la occupazion di Carlo Magno e degli Ottoni, la più parte d’Italia era rimasa sotto la signoria feudale degl’imperatori d’Occidente. Succedettero i dappoco a quei forti; i grandi feudatari laceraron l’impero; tosto divenne nulla o nominale di qua dalle Alpi la tedesca dominazione. E in questo, crescea la Chiesa, e confortava gl’Italiani alla riscossa, con lo scritturale spirito di uguaglianza e di libertà. In questo, la industria, il commercio, le scienze, le lettere rinasceano in Italia a mutare le sorti del mondo. Quegli esercizi, quelle discipline, trasser fuora dalla cieca moltitudine di plebi, vassalli, e nobili minori, un’ordine nuovo: il popolo, ch’è solo fondamento