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grido di Viva il Re! Dappertutto vedevano gente in armi, comitati e governi provvisorii; leggevano giornali e proclami rivoluzionarii; udivano prediche nelle chiese e nelle piazze, mentre crescevano le diserzioni, le seduzioni e la paura di cader vittime del furore popolare o del tradimento dei proprii commilitoni. I comandanti, senza istruzioni precise del governo, o a queste dissubbidendo, avevano finito col persuadersi che non era veramente il caso di pigliarsela calda per una causa da tutti abbandonata. Uno dei De Sauget in un gruppo d’ufficiali, alludendo al Re, fu udito un giorno esclamare: “Ma se l’Europa non lo vuole, perchè dobbiamo farci ammazzare per lui?....„.


I capi delle bande insurrezionali, militari improvvisati, e i capi dei Comitati e dei governi provvisorii appartenevano ad alta posizione sociale, circondati dalla pubblica stima. In Basilicata, Davide Mennuni, anima calda di patriottismo, era un ricco possidente di Genzano; Vincenzo Agostinacchio, che comandava il contingente degli Spinazzolesi mossi alla volta di Potenza insorta, era avvocato e benchè di gracile salute, aveva indomita forza d’animo; avvocato era Teobaldo Sorgente; possidente. Luigi de Laurentiis; prete, che aveva gettata la sottana, Niccola Mancusi; e ricchi il marchese Gioacchino Cutinelli, che mori senatore del Regno d’Italia; Domenico Asselta, che fu deputato; e così Niccola Franchi, gli Scutari e i Sole, cugini del poeta, e così tanti altri, in Puglia, in Basilicata, ma principalmente in Calabria, dove milionarii, come i Morelli, i Compagna, gli Stocco, il Guzolini, i Quintieri, i Labonia, i Barracco, erano a capo dei Comitati o li sovvenivano. Non erano certo bande di straccioni, perchè la borghesia più eletta vi dava largo contingente. La rivoluzione si compiva in nome dell’idea morale; e i ricordi storici, e le poesie patriottiche infiammavano di ardore lirico quei cospiratori e quei soldati. Disfarsi dei Borboni, conseguire la libertà durevolmente, tradurre in atto il pensiero di Dante e di Machiavelli e confidare in una rigenerazione morale ed economica da un nuovo stato di cose, che non fosse Repubblica, ritenuta sinonimo di disordini, ma Monarchia costituzionale e nazionale, con un Re, divenuto anche lui una leggenda: ecco l’ideale che sfuggiva alle analisi e alle riflessioni, e mutava la conservatrice e ricca