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{{smaller block|class=c90|essi premuti dalle fazioni dei Bunachi; genti riottose, per quanto si narra le quali ora distendono in Palermo una grande ala, minacciando la libertà e la pace dell’Isola, e non consentono che il nostro Re si chiami Re del Regno della Sicilia di qua e di là del faro, come appellavasi Federico III nel Capitolo del 1296.

Alto Re fu l’Aragonese Federico III; e, secondo il Boccaccio, ebbe grande amicizia con Dante Alighieri. Ma così nel Purgatorio e nel Paradiso, come nel Convito e nell’Eloquio volgare, Dante non favellò se non dell’avarizia e della viltà di Federico: i quali odii, credo, generaronsi nell’animo del poeta, quando egli vide, che il Re abbandonava i Pisani alla morte di Arrigo VII, ponendo in oblio l’interesse e la causa dei Ghibellini d’Italia. Fate, o carissimi fratelli, come potete, disse loro. Federico, io tomo in Sicilia (agite, patres carissimi, sicut qualitas temporis innuit). E ne avea buone ragioni; ma buone soltanto per Sicilia, non pe’ confederati del 1313. Lo stesso avviene oggi, dopo 6 secoli e più; i Siciliani, col nome di nostri fratelli, pensano solo alla loro causa e non a quella d’Italia; ciò che cercherò di mettere in miglior luce, continuando la presente scrittura.


E l’ultimo articolo conclude:

A tanta gloria non mancarono se non gli amichevoli accordi con Napoli; e Ruggiero Settimo, venuto al Governo dello Stato col titolo di Presidente, saprà formarli si, che i Siciliani dritti siano collocati sopra saldissime basi, e que’ del Re solennemente riconosciuti secondo la Costituzione del 1812. Cara Sicilia! Su questi accordi poserà sicura l’indipendenza d’Italia.


Il lavoro non è compiuto, perchè il Troja fu assunto al governo il 3 aprile, e dopo il 15 maggio il Tempo, passato in altre mani, divenne giornale della reazione.


Una curiosità, che devo anche al mio carissimo Giovanni Beltrani, il solo oggi, io credo, che possa scrivere un libro veramente completo su Carlo Troja. Sono le curiose note caratteristiche, che su Troja scriveva nel 1827 la polizia di Napoli nei suoi registri. È noto che nel febbraio del 1821 il Troja fu nominato intendente di Basilicata, fu destituito quando segui la reazione e andò poi in esilio. Ecco dunque quanto si trova annotato sul conto di lui:

Troja Carlo di Napoli. — Uno de’ Compilatori della Minerva e della Voce del Secolo, i di cui fervidi articoli son troppo conosciuti. Corredato di molto fuoco, di vivace ingegno e di profondi principii antimonarchici, appartiene alla classe delle persone pericolose ed influenti in qualunque lontano evento di politiche abberrazioni. Compreso nello stato degli eliminati, fu addetto alla 2a classe, e S. M. nel Consiglio de’ 5 maggio 1826