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più che una riproduzione del personaggio convenzionale, era un lavoro con allusioni politiche, che il pubblico afferrava a volo e copriva di applausi, suscitando naturalmente le ire dei retrivi e dei pedanti. Enrico Pessina ne scrisse nell’Iride un articolo apologetico e con lui polemizzò vivacemente, nella Rondinella, Vincenzo Petra, indomabile brontolone, ma il futuro illustre professore gli scaraventò in risposta un articolo di sei colonne e lo ridusse al silenzio. Gli articoli del Pessina e del Petra furono raccolti e pubblicati in opuscolo, dal titolo La Guerra Saffica, e chi li legge oggi non può non riconoscere che il Petra, nonostante le sue pedanterie, giudicava più esatto del Pessina.

Adamo Alberti raccoglieva da ogni parte lodi e quattrini, e gli elogi eran meritati, perchè quegli anni rappresentarono una serie di successi al suo teatro. Il Proto prese la rivincita con la Gaspara Stampa, che divenne il cavallo di battaglia della Sadowski. Floriano del Zio pubblicò nella Rondinella non un articolo, ma un libro su questo lavoro del Proto perchè l’articolo occupava diciassette colonne fitte fitte, senza interlinee e si prolungò per parecchi numeri del giornale. Il romoroso duca fece anche rappresentare una sua infelice riduzione del Coriolano di Shakespeare. Fu applaudita la Cameriera astuta del Castelvecchio con la Sadowski; piacquero il Cristoforo Colombo del Giacometti, il Riccardo Savage di Antonio Capecelatro e la Scuola degl’Innamorati di Paolo Ferrari, ma nel novembre vi cadde una Rita di Vitaliano Prina. Nello stesso mese ebbe discreto, ma non duraturo successo, una commedia del Laviano Tito in versi martelliani, Porpora a Vienna, per cui il Caccavone disse:

Se del pubblico fa strazio infinito,
Porpora è di Nerone, e non di Tito.


E così della Maschera, altra commedia dello stesso autore, rappresentata nello stesso anno ai Fiorentini, il Caccavone, flagellatore di tutt’i seccatori e di tutti gli autori fischiati, ammonicse sarcasticamente:

Neron dannava a morte le persone,
Che alle commedie sue avean dormito;
Se questa era l’usanza di Nerone,
Fortuna che la "Maschera„ è di Tito.