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meno accostante di tutti, e, che morto lo Scrugli, gli succedette nella direzione del "Gioraele Ufficiale„. Era autore di un’Estetica di lettere ed arti belle Dopo il 1860, l’Anzelmi mostrò del carattere, conservandosi borborico.

Ma tutto ciò che non concerneva teatri od opuscoli di un foglio di stampa, era competenza della revisione ordinaria, che aveva facoltà di sopprimere ogni frase, che potesse avere un’allusione politica, o che non paresse abbastanza ortodossa. A capo di quell’ufficio era il consigliere Maddaloni il quale si mostrava talvolta più pieghevole e ragionevole, mentre gli altri si divertivano spesso a mandare gli scrittori alla Curia, per una seconda revisione dell’autorità ecclesiastica, ed allora addio roba mia, perohè il sentimento dominante in tutta quella scettica burocrazia, era di rompere le scatole a chiunque volesse stampare qualche cosa, o rappresentare qualche dramma o farsa. I revisori non essendo moltissimi, per ottenere l’approvazione di un foglio di stampa spesso si doveva aspettare delle settimane, ed è facile immaginare le imprecazioni e le astuzie degli editori e degli autori.

Nel 1856 Tommaso Arabia aveva intrapresa la pubblicazione del teatro di Shakespeare, tradotto da Giulio Carcano. Era stato destinato a revisore dell’opera il canonico don Gaetano Barbati, un bravo uomo e dotto latinista, ma pieno di dubbii e di scrupoli. A don Gaetano venne in mente che fosse immorale la scena appassionata del primo atto della Giulietta e Romeo, e la cancellò addirittura quasi tutta. Arabia fece notare che quella soppressione, oltre che una irriverenza a così insigne autore, era in aperta contradizione con quanto aveva già fatto il revisore del Rusconi. Fu tempo perduto; e poichè non si aveva a chi ricorrere, Arabia fece di quel foglio di stampa una doppia edizione, una per il revisore, mutilata com’egli volle, e l’altra integra per gli associati, affrontando il pericolo, se la cosa fosse stata scoperta, di andare in carcere. La revisione dei giornali e dei teatri aveva sede presso il ministero di polizia.


I teatri erano aperti tutto l’anno. Avevano compagnie fisse il San Carlo e il Fondo con una dotazione di settanta mila ducati; e Adamo Alberti avea il monopolio del teatro di prosa, per mezzo del quale potè mettere insieme una discreta fortuna, alla