ascritti alla congregazione di spirito e frequentarla tutte le domeniche, ascoltare la messa e la predica, cantar l’ufficio e confessarsi. Oltre alla congregazione di spirito dell’Università, di cui era prefetto il prete don Antonio d’Amelio, vi era quella di San Domenico Soriano, diretta dal prete don Gennaro Alfano, alla quale erano iscritti più di 500 giovani. Senza il certificato di aver assistito a quelle congregazioni, non si era ammessi agli esami, e si può bene immaginare quante mance, burle e astuzie si adoperassero per ottenere il certificato, senz’assistervi. La polizia teneva d’occhio le case e i caffè degli studenti più in vista. Frequentissime le perquisizioni; e guai se si trovava qualche libro, sul cui frontispizio fosse stampata la parola politica. I nomi di certi autori portavano dritto dritto all’arresto: così Machiavelli, Botta, Giannone, Colletta, Leopardi, Gioberti, Massari, Berchet, Giusti, fra
i principali. Quando fu pubblicato il Rinnovamento, parecchi studenti riuscirono ad averne una copia, e per leggerla si riunivano alla chetichella ora in una, ora in altra casa. Una sera, mentre alcuni di loro, in casa di Tommaso Arabia, leggevano questo libro, alcuni agenti e un cancelliere li sorpresero. Fu buttato il libro nel pozzo; e preso un mazzo di carte, gli adunati si disposero in giro ad una tavola, facendo vista di giuocare. Ma non valse quest’astuzia, perchè i feroci, dopo averli maltrattati con villane parole, li trassero in arresto, come colpevoli di giuochi proibiti. Gli studenti ricchi, pochi; ma anche quelli, che appartenevano a famiglie facoltose, erano tenuti a stecchetta. Uno studente ben provvisto veniva segnato a dito fra i compagni. E però vivevano in tre o in quattro, conterranei, comprovinciali o parenti, occupando camere o quartierini della vecchia Napoli, o nel quartiere di Montecalvario, agli ultimi piani. Il letto, una tavola da studio, un cassettone e qualche sedia: ecco la suppellettile che lo studente portava dal paese nativo; e perciò, quando avvenivano gli sfratti, era caratteristico vedere, al Molo, montagne di materassi che si caricavano sul vapore in partenza per Pizzo, perchè erano i calabresi quasi sempre primi ad essere sfrattati. Altri abitavano, come si diceva, in famiglia, cioè erano dozzinanti presso famiglie d’impiegati, di pensionati, di piccoli professionisti, di commessi di negozio; e la padrona di casa, se non proprio vecchia, finiva per essere l’amante di uno dei suoi giovani inquilini; e se aveva figliuo-