Dì quel ti gioverai che fatto strame 255Sotto a rustici buoj pesto e marcito
E decomposto il contadin riserba
Al coverto l’inverno, a cui, se troppo
Graveolente il tieni, unir fie meglio
Il raccòlto pagliajo, e le cannucce 260Poste a marcire in crassa onda stagnante.
Molti del caldo stabbio de’ cavalli
Ebber vaghezza, e del nitroso e salso
Terreno che alle pecore sopponsi
Nelle invernali case; e molti ancora 265Fer raccolta di stracci, e cenci immondi
Svestiti dalla plebe, e quegli avvolti
Nella belletta uliginosa i fusti
Spargerne al piede; ma l’amaro nitro
L’ulivo offende, ed agra scabbie impronta 270Dannevole alla scorza, e il troppo acceso
Fimo vi nuoce, che il bollir soverchio
Evaporar fa della terra i sali,
Anziché convertirli a prò de’ germi.
Siati dunque il miglior d’ogni concime 275De’ buoj lo strame preparato, e a questo
Mesci terra altrettanta, e co’ rastrelli
Sì nel rimena, e scioversando volvi
Che un sol corpo adivegna; indi l’autunno3
Abbialo il campo, e il soffice terreno