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vare il nome neol. dal solo vb. ger. haren, spiegando ald come il solito suffisso neol. In tal caso il nome verrebbe a rannodarsi a sans. kar chiamare, gr. χήρνξ araldo. Ma il Mackel osserva giustamente che a questo effetto converrebbe trovare passato già in rom. il vb. ger. haren heren, il che è assolutamente escluso. Bisogna adunque tenersi necessariamente ad heriwalt. V. Farabutto in Appendice. Der.: araldica.

Archibugio archibuso, sorta d’arma da fuoco (Ariosto, Guicciardini, Lasca). Rispondono: afr. haquebute, fr. arquebuse donde ing. arquebuse, sp. arcabuz. Per un pezzo si credette che un tal nome fosse stato coniato in Italia, e che risultasse da arco e bugio buso, e quindi volesse dire “arco forato”, e ciò perchè era nell’uso succeduto all’arco. Dall’it. si facevano poi derivare le forme rom. sorelle. Ma il Diez notò acutamente che il concetto di “arco forato” è così assurdo come l’uso d’un nome non ricorrente nell’antica arte della guerra per designare una invenzione affatto nuova e diversa. Quindi fondandosi sulle forme fr. haquebuse, vall. arkibüse, ricondusse il nome rom. a fiamm. haeckbuyse haakbus, ted. Haeckenbüchse canna o archibugio a uncino; con che si denotava appunto una particolarità importante della nuova arma. La ipotesi del Diez è resa, secondo me, certissima da più circostanze. L’arma fu trovata in Germania; dunque è ovvio che ricevesse il nome dal popolo che l’inventò; poi la forma fr. primitiva è hacquebute, vicinissima dunque all’originale fiammingo-tedesco, e non spiegabile invece qualora si dovesse riferire all’it. Infine (e questo mi pare anche più decisivo) le forme fr. sono storicamente anteriori alle it.; poichè ricorrono già in Comines, laddove in Italia compaiono solo 30 anni più tardi, e il Comines la prima volta che nomina gli hacquebutes lo fa precisamente parlando di soldati tedeschi a servizio di Carlo VII, an. 1400-22. È probabile peraltro che la falsa supposizione che il nome venisse dal-