Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
340 | mozzare. |
Per questo io credo che direttamente ci venga di là. Ma a base del rom. il Diez e lo Scheler pongono una rad. ger., per la ragione che il vocabolo esiste in molti dialetti ger. e proprio cogli stessi signif. Così l’ol. presenta un moet mot, piccola elevazione, il bav. mott, monticello, lo svizz. motte, zolla, il fris. mot, deposito di torba. Certamente è più facile supporre che dai dial. ger. il vocabolo sia passato al rom., di quello che immaginare che dal rom. passasse ai dial. ger., poichè in quest’ultimo caso resterebbe inesplicato come non fosse entrato anche nella lingua propria. Lo svolgimento genetico dei signif., come si è detto, presenta gravissime, anzi insuperabili difficoltà per chi li voglia derivare l’uno dall’altro e ridurre ad unità. Difatti se si ammette come originario quello di “terra smossa, fango” come da questo si può passare a quello di “elevazione, colle, diga, castello”? Se poi si parte da “tumulo, diga, colle, castello forte” che nel medio-evo è certamente il prevalente, come si può discendere al concetto di “fango, terra smosssa”? Per me, non sapendo come dar ragione dello strano accozzamento dei due sensi fondamentali in un solo vocabolo, inclinerei a credere che Motta in senso di “colle, elevazione, castello” tragga origine da sassonico gemote, unione, radunanza, pel fatto che nel medio-evo i signori feudali facevano le loro adunanze, i placiti, su questi monticelli coronati di castelli; del che resta una reminiscenza nell’ing. the mute hill, il “monte del placito”. Anche nell’altro senso il vocab. sarebbe del pari d’orig. ger.
Mozzare, tagliare una parte dal tutto, diminuire il tutto d’una qualche sua parte (Dante, Fra Giord., Villani). Ha per corrispondenti fr. emousser, sp. mochar, e nomi fr. mousse, prov. mos, sp. mocho. Il Diez, seguito dallo Scheler, trae questo vb. rom. da ol. motsen d’ug. sig. [mots, scorciato, mozzo]. Ma nelle lingue neol. questa è parola antichissima, nè si può credere che in quei tempi l’ol.