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mannichino — manovella. 313


Quindi il signif. sarebbe quello di “collo d’oro”, e tale denominazione sarebbe stata applicata al boja per ischerzo come colui che porta il collare. Si potrebbe interpretare la seconda parte anche come derivante dal vb. gelten galt gegolten, valere; ed allora il composto importerebbe “valente pel collare”. Ma a queste congetture del Grimm s’oppone il fatto che nel ger. mana nel signif. di “collo” non compare mai. Il Kluge crede piuttosto che il valore etim. di Managold sia quello di Vielherrscher, cioè di “molto potente”, come risultante da manag, molto, e waltan, potere, dominare [gr. Πολυκράτης]. Altri infine sospettano che manigoldo sia una elaborazione it. di t. Manowalt, “che maneggia il collare” [da men, collare, e walten, amininistrare]. Ad ogni modo, qualunque siasi la ragione del trapasso del np. ted. al nome comune it., questa è certamente una etim. germanica indiscutibile. È notevole un tal nome non appaia mai nel bl. Questo mi farebbe supporre che venisse di Germania in epoca piuttosto tarda, e non che fosse importato dai Longobardi. Ricorre, è vero, al principio del sec. 16º in Teodorico di Niem (Histor. Concil. Constantiensis); ma questo scrittore tedesco visse lungamente e scrisse in Italia; e quindi doveva avere appresa questa parola presso di noi. V. del resto Menegold. Deriv.: manigold-accio-eria-one.

Mannichino, fantoccio che serve ai pittori, modello (neolog.). È voce che immediatamente riproduce il fr. mannequin ricorrente già nei sec. 15º e 16º (da cui venne anche sp. maniquì, modello), e mediatamente l’ol. mannekîn, fiam. manneken, piccolo uomo, rispondente a t. Mannchen, omiciattolo, dimin. di Mann, uomo. Il vall. presenta la forma maniket, nano, pigmeo.

Manovella-o, sorta di leva (Vit. S. Fran.: Canti Carnas., Ciriffo Calv.). Secondo il Diez sarebbe un composto ibrido di it. mano e aat. wëlla, ma t. welle, tm. Welle “ciò che si aggira e si avvolge”, e quindi anche “cilindro,