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58 LA RELATIVITÀ PARTICOLARE

tore B’ in quanto è punto del sistema mobile, si è spostato ed è venuto in A’. Ricordiamoci l’esperienza di pag. 33: l’osservatore in marcia considera il segnale come emesso dal suo treno, l’osservatore in quiete come emesso dal suolo; quest’ultimo quindi fisserà in A la posizione della sorgente luminosa, il primo la fisserà in A’. D’altronde bisogna ben persuadersi che tutti e due hanno ragione: è la povertà dei termini e del disegno che ci costringe a qualificare l’uno di essi “fisso” e a favorirlo in apparenza: in realtà non c’è né “quiete” né “movimento”, c’è “movimento relativo.” Si potrebbe dire: fermiamo ogni movimento, lasciamo tutto in quiete e vediamo quale è, da B A o da B A’ la buona direzione, se “fermare”, “lasciare in quiete” non richiedessero uno spazio assoluto. D’altra parte non è logico provocare questo arresto al momento in cui il segnale arriva: lo sarebbe di più il farlo al momento dell’emissione, poiché le sorti della sorgente nell’intervallo ci sono indifferenti: veramente se si tratta di una scintilla, essa può essere spenta dopo molto tempo. Ma all’istante dell’emissione l’arresto è superfluo: non vi è alcuna contraddizione perché i punti A e A’ sono allora confusi. Più tardi è a buon diritto che B considera A B’ A’ come veri successori del punto prima comune.

I due osservatori ricevono dunque simultaneamente il segnale in B e, mentre uno ne cerca l’origine in A l’altro la cerca in A’ ambedue con ragione. Essi debbono, come abbiamo visto correggere la loro osservazione aggiungendo al-