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146 logica trascendentale

viene in quella molteplicità della intuizione. In sèguito (§ 26) sarà mostrato, dal modo in cui l’intuizione empirica è data dalla sensibilità, che l’unità di essa non è altra da quella, che la categoria assegna (secondo il precedente § 20) al molteplice di una data intuizione in generale; e, poichè così sarà chiarita la sua validità a priori rispetto agli oggetti tutti dei nostri sensi, sarà subito completamente raggiunto lo scopo della deduzione.

Se non che da un punto io non avrei potuto astrarre nella dimostrazione precedente, ed è questo: che il molteplice, per l’intuizione, dev’essere pur dato prima della sintesi dell’intelletto e indipendentemente da essa; ma in qual modo, resta qui indetermianto. Se volessi infatti immaginare un intelletto, che esso stesso intuisse (qualcosa come un intelletto divino, che non si rappresenterebbe oggetti dati, ma per la cui rappresentazione gli oggetti sarebbero immediatamente dati o prodotti), le categorie, rispetto a una conoscenza siffatta, non avrebbero punto significato. Esse sono regole soltanto per un intelletto, di cui tutto il potere consista nel pensare, cioè nell’atto di ricondurre all’unità dell’appercezione la sintesi del molteplice, datogli per altra via nell’intuizione; per un intelletto, il quale perciò nulla conosce da sè, ma soltanto unifichi e ordini la materia del conoscere, l’intuizione, che dev’essergli data dall’oggetto. Ma della peculiarità del nostro intelletto, di giungere all’unità a priori della appercezione, solamente per mezzo delle categorie e precisamente solo secondo il modo e il numero di esse, si può così poco addurre una ragione, come del perchè abbiamo proprio queste e non altre funzioni del giudicare, o del perchè tempo e spazio siano le sole forme della nostra intuizione possibile.