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analitica dei concetti 143

un altro con un’altra; e l’unità della coscienza in ciò che è empirico, e rispetto a ciò che è dato, non è necessariamente e universalmente valida.


§ 19.

La forma logica di tutti i giudizi consiste nell’unità oggettiva dell’appercezione dei concetti in essi contneuti.

Io non ho mai potuto appagarmi della definizione, che i logici dànno del giudizio in generale; esso è, secondo loro, la rappresentazione di un rapporto fra due concetti. Ora, senza stare qui a contrastare con essi intorno a quel che c’è di difettoso in questa definizione (che in ogni caso non si applica se non ai giudizi categorici, ma non agli ipotetici e disgiuntivi, in quanto questi ultimi non contengono una relazione di concetti, ma addirittura di giudizi); e tralasciando delle noiose conseguenze derivate da questa svista della logica1, noto soltanto che qui non è determinato in che consista questo rapporto.

Ma se io investigo più profondamente il rapporto delle conoscenze date in ciascun giudizio, e distinguo questo rapporto, come appartenente all’intelletto, dal rapporto secondo leggi della immaginazione riproduttiva (il quale ha un valore solamente soggettivo), trovo che il giudizio non è altro che la maniera di ridurre conoscenze date alla unità oggettiva dell’appercezione. E la particella relativa «è»



  1. La interminabile teoria delle quattro figure del sillogismo concerne soltanto i sillogismi categorici; e, sebbene essa per vero altro non sia che un’arte di carpire, dissimulando le immediate conseguenze (consequentiae immediatae) sotto le premesse di un ragionamento puro, l’apparenza di più maniere di concludere, che non sieno nella prima figura; tuttavia non avrebbe dovuto, appunto per questo, avere nessuna speciale fortuna, se non le fosse riuscito di far prendere in esclusiva considerazione i giudizi categorici, come quelli, a cui tutti gli altri dovrebbero riferirsi: ciò che è falso, come si vede dal § 9. (N. di K.)