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prefazione a questa traduzione ix

bro, lo dice egli stesso nella prefazione alla nuova edizione (pp. 33 sgg. q. trad.); nè è di questo luogo entrare a discutere della questione tanto dibattuta, dal Jacobi e dallo Schopenhauer a B. Erdmann e al Fischer, intorno al valore delle differenze tra le due edizioni. Anche in questa traduzione tutte queste differenze si possono studiare e giudicare direttamente. Esse, oltre e leggère variazioni verbali, consistono in ampliamenti e accorciamenti, aggiunte e soppressioni. Sono ampliate nella 2ª edizione l’introduzione e alcune parti dell’Estetica trascendentale; la Deduzione dei concetti puri dell’intelletto è rifatta interamente; parzialmente, il capitolo «Del principio della distinzione di tutti gli oggetti in generale in fenomeni e noumeni». Nell’Analitica dei principii è aggiunta la «Confutazione dell’idealismo» e l’«Osservazione generale sul sistema dei principii»; rifatto e abbreviato assai è il capitolo dei «Paralogismi della ragion pura». Tutte le differenze si riferiscono, dunque, alla parte della Critica, che si dà tradotta in questo primo volume. E le più importanti sono quattro: 1) la nuova forma data alla Deduzione dei concetti puri dell’intelletto; 2) e alla teoria della distinzione dei fenomeni e dei noumeni; 3) l’aggiunta della Confutazione dell’idealismo; 4) i tagli nei Paralogismi della ragion pura. La sostanza di queste differenze variamente giudicata secondo le tendenze diverse dei critici, si può certamente riassumere nello sforzo fatto da Kant, — dopo l’interpretazione berkeleiana, che fu data generalmente della 1ª edizione della Critica, — per isfuggire alle spire dell’idealismo e fondare l’affermazione della cosa in sè. Ma è del pari incontestabile, che, se Kant dai giudizi sulla 1ª edizione fu indotto a scrivere i Prolegomeni e a concentrare nella nuova edizione della Critica il suo pensiero sul bisogno che sentiva fortissimo di non finire nell’idealismo, questo bisgno c’era in lui anche prima, fin dalla Dissertazione del ’70, dove pure si parla del principio del fenomeno fuori del fenomeno. Era la posizione storia di Kant, come di Jacobi e di quanti allora toglievano il problema da Hume.