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76 illustri italiani

insulti alla moglie, al figlio, al cittadino La Flotte, all’ospite Moutte, al moribondo; il quale esclamava di cader vittima d’un’infame cabala pretina. Tutto è impepato d’amor di patria e d’ira contro la religione.

Ora il Salfi redigeva a Milano il Termometro Politico, non il peggiore di quella fungaja di giornali che allora pullulava e moriva dopo sfogato un rancore, compita una vendetta, infamato un emulo,

    al tremuoto (1787). A Milano mostrossi de’ più infervorati alle idee nuove/e nel Termometro Politico batteva ogni giorno gli aristocratici, denunziava i preti, dava campo franco alle diatribe contro i vecchi Governi, e principalmente contro il papa. Allorchè questi ruppe guerra alla Repubblica francese, poi la chiuse subitamente colla pace di Tolentino, il generale Dupuys, a nome di Buonaparte, ordinò al Salti di comporre un balletto pel teatro della Scala, dove comparissero il papa e il suo generali Colli, esposti alle risate del pubblico. Il Salfi vi si prestò, e mentre temeva che l’indignaziorie e il buon senso degli Italiani gettasse a terra quell’indegna parodia, la vide applaudita dalla ciurma liberalastra, sempre disposta a scompisciare ciò che hanno di più venerato le tradizioni e la sventura.
    Il Salfi si trovò mescolato a tutte le vicende interne d’allora. Era a Pavia quando questa si sollevò contro i Giacobini; e cercato a grida a morte, si campò col fingersi un Doria di Genova. Da Brescia, ov’era secretano al Comitato di Legislazione, fu mandato per tranquillare la Valtellina, non ancora unita alla Cisalpina, e a Tirano, assistito dai preti, fece una predica tutta di pace e unione e fratellanza. Quando poi quella valle chiese di unirsi al Milanese, e Murat andò occuparla, Salfi ve lo seguì, avvivando di arringhe le feste con cui si suole accompagnare ogni cambiamento di padroni: a Tirano, che erasi sollevata per la paura di veder saccheggiato il tesoro della Madonna, fece risolvere i furori in abbracciamenti. Fatto secretario al ministero dell’istruzione pubblica, compose la Virginia di Brescia, come segno di riconoscenza alla città che l’aveva aggregato fra’ suoi cittadini: poi attese a stabilire una scuola di declamazione, e fondare a Milano il teatro Patriotico. Nel Pausania tragedia fu tutto allusione a Napoleone. Quando poi Championet conquistò Napoli, Salfi accorse colà per sopreccitare l’entusiasmo patriotico contro l’ordine che il partito militare, capitanatola Macdonald, cercava stabilire. Rivalsi i reali, Salfi si campò ancora dal supplizio con nome falso. Rifuggito in Francia, tornò a Milano nel 1800; fu professore a Brescia, poi in Brera, poi nelle scuole speciali. La Reggenza provvisoria di Milano del 1814 lo destituì, come il Gioja, il Foscolo, il Rasori, e il re di Napoli lo chiamò professore di cronologia in quell’Università, ma presto andossene a Parigi dove ebbe amicizia con Tracy, Constant, Say e col Guiguenè, del quale tolse a continuare la Storia letteraria, correggendo il 7, 8, 9 volume, e aggiungendo di suo il 10. Scrisse su molti giornali e nella Biographie del Michaud; un Résumé de l’histoire de la litterature italienne, e nel 1820, L’Italie au XIX siecle, ou de la necessitè d’accorder le pouvoìr avec la liberté, suggerendo una federazione fra gli Stati dell’Italia indipendente.