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114 illustri italiani


Per porre in scena il furibondo Ajace,
     Il fiero Atride e l’Itaco fallace
     Gran fatica Ugo Foscolo non fe:
     Copiò sè stesso e si divise in tre.

E perchè l’altro sentenziava: — Sdegno il verso che suona e che non crea» e qualificava «Monti cavaliero, gran traduttor dei traduttor d’Omero», gli avventò quest’altro, insultante pur troppo non mendacemente:

Quest’è il rosso di pel, Foscolo detto,
     Sì falso che falsò fino sè stesso
     Quando in Ugo cangiò ser Nicoletto:
     Guarda la borsa se ti viene appresso1.

E l’ira invelenì: chè i colpi di spada menano spesso alla pace, i colpi di penna alla guerra: nell’Hypercalypsis Ugo ne parla sempre con ira di emulo, sotto il nome di Goes figlio di Horo, trattandolo di accattone, di cornuto: e quanto alla forma, sentenzia che sempre abborracciò per obbedir ai potenti che lo pagavano: ha esposizione nitida, ma più lucente per isplendore di oro che per purezza: imitatore sempre, e che spesso si ripete. Non è pel vulgare gusto d’invilire un grande che ricordiamo alcuna delle tristi puerilità dell’odio, il quale ha pur esso i suoi inebriamenti. E il Monti aspirò anche ad aver la dittatura dell’attacco e della calunnia nel Poligrafo2, avvelenate contumelie e splen-

  1. Il Monti, nel 1827, mandava quell’epigramma a Urbano Lampredi, ringraziandolo delle lodi che avea date alla sua Iliade in conforto con altre traduzioni. — Duole ai molti amici che qui avete che vi sia uscita di mente la traduzione del più maligno ed invidioso di tutti gli omerici traduttori. Parlo di Ugo Foscolo, che del certo non si alza punto sugli altri, ed è anzi al disotto di quei medesimi che egli calpesta, fra’ quali sono io il più calpestato».
    A Pieri il 30 giugno 1810 avea scritto: — L’ho rotta con Foscolo, perchè egli l’ha rotta col pubblico, e con tutta la famiglia de’ letterati morti e vivi. Nondimeno aspetto che, secondo la sua tremenda minaccia, mi compartisca il beneficio di criticarmi, per ringraziarlo e riconciliarmi. Fuori di celia, il povero diavolo conosce il suo errore, n’è pentito, e m’ha fatto dire da molti ch’egli è dolentissimo d’aver perduta la mia amicizia, e io mi ricordo sempre d’avergli voluto assai bene». Vedi l’appendice B.
  2. Appena il Poligrafo comparve nel marzo 1811, gli tenne dietro l’Antipoligrafo, dove con molta arguzia e disinvolta severità si criticava ogni articolo, ogni parola