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vincenzo monti 91

Al tempo stesso al Cesarotti scriveva: — Il Governo m’ha comandato, e forza m’è obbedire1. Dio faccia che l’amor della patria non mi tiri a troppa libertà di pensieri, e che io rispettti l’eroe senza tradire il dovere di cittadino! Batto un sentiero ove il voto della nazione non va molto d’accordo colla politica, e temo di rovinarmi; sant’Apollo m’ajuti, e voi pregatemi senno e prudenza».

Prudenza!

Il Monti n’ebbe una scatola d’oro, con entro sei cedole da mille lire; e da quell’ora dovette aguzzarsi a cercare per entro la mitologia temi onde celebrare le succedentisi vittorie e le feste; ora usciva colla Supplica di Melpomene a Talia; ora colla Palingenesi Politica per Giuseppe Buonaparte, «inviato dal cielo a ritornar grande e felice la Spagna»; ora colle Vergini Gamelic pel parto della viceregina; ora colla Jerogamia di Creta per le seconde nozze di Napoleone; ora colle Api Panacridi per la nascita del re di Roma. E non bastavagli l’eterno lirismo greco. — In tanta luce di opprimente istorica verità, disperato il caso dell’epopea, nè potendo questa gio-

    consigliarlo al colpo di Stato del 18 brumale; dicendo che «in quel suolo L’uso comanda il comandar d’un solo»; e

         Re vogl’io chi forte
         Vola al mio scampo, e non chi vuol mia morte.
    Questa di mali, o figlio, onda fremente
         Franger non puossi che d’un trono al piede:
         Al voler d’una sola arbitra mente
         Che all’utile comun ratta procede:
         Allor forte, allor grande, allor possente
         Ali sarò tra le genti; allor fia sede
         Di virtù vera la tua patria, or rio
         Mar di vizj, u’ ’l furor soffia di Dio.

  1. Ci sa di stranissimo questo accettare ordini dal Governo; eppure allora ciò trovavasi semplice non solo dal Monti. Vedasi la lettera ove Ugo Foscolo si scusa d’esser spiaciuto al Governo; e la lettera 5 febbrajo 1817 di Pietro Giordani (in voce di liberissimo), ove scrive: — L’articolo (nella Biblioteca Italiana) sugli improvvisatori l’ho fatto contro voglia, più che mai altra cosa al mondo. Ma fu ordine espresso, ripetuto, inculcato dalla propria persona del governatore (austriaco) di farlo, e farlo così». Nel 1809, Chàteaubriand scriveva a Guizot: — La franchise et la noblesse de votre procédé me fait oublier un moment la turpitude de ce siècle. Que penser d’un temps où l’on dit à un honnêt homme, «Vous aurez sur tei ouvrage telle opinion; vous louerez, on vous blàmerez cet ouvrage, non pas d’après votre conscience, mais d’après l’esprit du journal où vous écrivez?»