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58 illustri italiani

frasi con cui designa le ore e i giorni delle sue avventure. Ma egli conosceva appena di nome i classici greci, e poco meglio i latini1; l’altro era il maggior erudito de’ tempi suoi, e spigolava pensieri e frasi da’ forestieri e da’ nostri2, e massime da Dante; sicchè dove credi il linguaggio muover da passione, riconosci la traduzione forbita: benchè coll’arte raffinasse le gemme che scabre traeva dal terreno altrui; laonde que’ Provenzali e Spagnuoli perirono, egli vivrà quanto il nostro idioma.

È naturale che le poesie del Petrarca fossero divulgatissime, per la limpida facilità3 e perchè esprimeano il sentimento più uni-

  1. Oltre l’argomento dedotto dal suo silenzio, vedi la confusione che ne fa nel IV dell’Inferno. Altrove nomina come autori di altissime prose Tito Livio, Plinio, Frontino, Paolo Orosio; nel Parad. VI, 49, fa venire in Italia gli Arabi con Annibale, ecc.; nel Convivio confessa che stentava a capire Cicerone e Boezio.
  2. Per esempio, Cino da Pistoja scrive degli occhi della sua donna:

                        Poichè veder voi stessi non potete,
                        Vedete in altri amen quel che voi siete;

    e il Petrarca:

                                                                Luci beate e liete,
                        Se non che il veder voi stesse v’è tolto,
                        Ma quante volte a me vi rivolgete,
                        Conoscete in altrui quel che voi siete.

    Cino ha un sonetto:

                        Mille dubbj in un dì, mille querele
                        Al tribunal dell’alta imperatrice, ecc.

    ove figura che egli ed Amore piatiscano avanti alla Ragione, e infine questa conchiude:

                                                                A sì gran piato
                        Convien più tempo a dar sentenza vera.

    Il Petrarca riproduce quest’invenzione nella canzone: «Quell’antico mio dolce empio signore», ove dopo il dibattimento la Ragione sentenzia:

                        Piacemi aver vostre quistioni udite,
                        Ma più tempo bisogna a tanta lite.

    Confronti del Petrarca coi Provenzali fece il Galvani nelle Osservazioni sulla poesia de’ Trovadori. E vedi il Paradosso del Pietropoli.
  3. Però il Bembo, quel gran petrarchista che ognun sa, confessa aver letti per oltre quaranta volte i due primi sonetti del Canzoniere senza intenderli appieno, nè aver incontrato ancora chi gl’intendesse, per quelle contradizioni che pajono essere in loro: Lettera a Felice Trofimo, lib. VI. E Ugo Foscolo, grande studioso del Petrarca, interrogato sul senso della strofa famosa «Voi cui natura, ecc.» la